Martedì, 15 Giugno 2021


Il biennio 2020-2021 doveva segnare la svolta nella lotta ai rifiuti di plastica in natura ma il Covid ha riacceso la sfida: 7 miliardi di mascherine vengono usate ogni giorno e la loro dispersione in natura ha gravissimo impatto su specie e habitat.

2 miliardi di tonnellate è il peso dei rifiuti che un mondo sempre più popolato produce ogni anno. Una quantità enorme che potrebbe crescere del 70% entro il 2050. E il fenomeno ha da qualche anno un simbolo: la plastica. Il biennio 2020/2021 avrebbe dovuto segnare la svolta nella lotta dei rifiuti di plastica in natura, che minacciano le specie -in particolare le tartarughe marine- e inquinano gli habitat. Ma il contrasto all’emergenza provocata dal Covid-19 ha riacceso la sfida contro questo nemico, che si ripresenta nell’utilizzo di numerosi oggetti usa e getta, come le mascherine monouso fatte in fibre di plastica.

Lo spiega il WWF Italia nel suo ultimo paper “La lotta al Covid frena quella all’inquinamento da plastica” in cui si approfondisce la questione a oltre un anno dall’inizio della pandemia.

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Martedì, 15 Giugno 2021 14:04

Identikit dello Scompenso Cardiaco


Lo Scompenso Cardiaco (SC) o Insufficienza Cardiaca (IC), che in Italia colpisce circa un milione di persone*, è una condizione durante la quale il muscolo cardiaco diventa progressivamente più debole e perde la capacità di pompare in modo soddisfacente, in tutto il corpo, una quantità di sangue adeguata alle esigenze metaboliche dell’organismo. L’insorgenza della patologia può essere causata da una varietà di disturbi, dall’infarto alle patologie cardiache pregresse, che modificano la struttura del cuore così come condizioni non correlate direttamente al cuore: diabete mellito, ipertensione non controllata o malattie infettive.

 Colpisce prevalentemente gli anziani in una fascia di età tra i 65 e gli 80 anni e pertanto è caratterizzata da comorbidità che ne rendono ancora più complicata la diagnosi, la cura e l’assistenza. Lo scompenso cardiaco è infatti in forte crescita a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell’aumento del tasso di sopravvivenza dopo un infarto e anche a causa dei mutati stili di vita Si stima* che il tasso di mortalità sia del 30% a un anno dalla diagnosi, 50% a 5 anni. Eppure meno di una persona su dieci è in grado di identificare almeno tre dei sintomi più comuni dello scompenso cardiaco e quando si manifestano di solito si lascia passare del tempo prima di rivolgersi ad un medico.

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Martedì, 15 Giugno 2021 13:11

Cambiamento climatico e ungulati sulle Alpi

 

Sulla Marmolada l’inesorabile innalzamento delle temperature spinge gli stambecchi a cambiare i loro orari di pascolamento e a spostarsi verso quote altimetriche maggiori. Gli adattamenti comportamentali sviluppati da questa e altre popolazioni presenti sulle Dolomiti potrebbero non essere sufficienti di fronte al futuro incremento dello stress termico.
Il cambiamento climatico sull’arco alpino ha un impatto importante sugli spostamenti e sui ritmi di attività degli ungulati, ponendo interrogativi sulla loro futura capacità di adattamento alle crescenti temperature: è ciò che emerge dallo studio pubblicato su «Ecology Letters» - tra le più importanti riviste internazionali nel settore - dal titolo "Behavioural heat-stress compensation in a cold-adapted ungulate: Forage-mediated responses to warming Alpine summers" frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente dell'Università di Padova (DAFNAE) e il Dipartimento Biodiversità e Ecologia molecolare del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Edmund Mach.


Lo studio
La ricerca, coordinata dal Professor Maurizio Ramanzin del Dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova e dalla Dottoressa Francesca Cagnacci della Fondazione Edmund Mach, è stata condotta dal 2010 al 2017 nell’area dolomitica della Marmolada su 24 femmine di stambecco in età riproduttiva. Per la prima volta sono stati integrati i dati da sensori apposti sugli animali, per individuarne i movimenti e l’attività di foraggiamento e di riposo, dati da remote sensing, per descrivere la variazione spaziotemporale dell’abbondanza e della qualità della vegetazione, protocolli di osservazione diretta sul campo, per confermare la presenza del capretto al seguito delle femmine, e proiezioni climatologiche per quantificare le condizioni ambientali che lo stambecco si troverà a fronteggiare in futuro. I ricercatori hanno così potuto ottenere un quadro completo dell’ecologia e del comportamento di questa specie in dipendenza dai fattori ambientali, ma anche fornire una prospettiva di studio innovativa che possa essere applicata ad altre specie particolarmente soggette al cambiamento climatico.

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Al via un progetto di ricerca supportato dalla Fondazione Italiana Diabete Onlus e in collaborazione con l'Università di Perugia e il DRI di Miami. Capsule bio-ingegnerizzate come gusci protettivi per eliminare la terapia immuno-soppressiva e allargare la platea dei pazienti trapiantabili.
Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune che colpisce nel 50% dei casi nell’infanzia e nell’adolescenza, se non trattato porta alla morte e, se mal trattato, può causare molte complicazioni gravi, sia acute che croniche. Questo tipo di diabete, che rappresenta il 5% dei casi complessivi, richiede un trattamento insulinico immediato ed intensivo e un frequente monitoraggio dei valori glicemici.

Il trapianto di pancreas e quello, meno invasivo, di isole pancreatiche sono due procedure potenzialmente capaci di risolvere per molti anni il diabete di tipo 1, eliminando o riducendo l’insulino-dipendenza e allontanando o facendo regredire le complicanze. Purtroppo, però, a causa dell’utilizzo di farmaci immunosoppressori (antirigetto) e dei conseguenti effetti collaterali associati, il ricorso a questi trattamenti è limitato ai casi nei quali sono già presenti complicanze gravi o a quelli in cui la terapia insulinica non permette di controllare la malattia.

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Uno studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù insieme all’Università di Genova e alla University of Melbourne, apre importanti prospettive terapeutiche per le persone immunodepresse. La ricerca, sostenuta da AIRC, è stata pubblicata su Science Immunology.
Sembrano cellule sane e quindi si nascondono al sistema immunitario, invece sono infettate da un virus insidioso che può scatenare gravi infezioni nei pazienti immunodepressi. È il citomegalovirus, un patogeno molto diffuso contro il quale, però, l’organismo ha un’arma efficace: una particolare popolazione di linfociti T killer. Con speciali ‘sensori’, intercettano le cellule infette e le uccidono. Il meccanismo è stato scoperto dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù insieme all’Università di Genova e alla University of Melbourne. I risultati dello studio aprono nuove prospettive di cura per i pazienti con scarse difese immunitarie, con gravi infezioni virali (incluso il COVID-19) e anche con tumore. La ricerca, sostenuta da AIRC, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Science Immunology.

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