Phoenix – il maggiore cluster fonte di raggi X ad oggi conosciuto - è formato da una “famiglia” di galassie prolifiche: quella tenuta d’occhio da ALMA è particolarmente energica e ospita regioni di formazione stellare di massa compresa tra 500 e 800 masse solari per anno – il che la rende la più estesa nursery mai individuata al di sotto di un redshift z=1.
La fucina di astri è alimentata con un serbatoio di gas molecolare freddo che accende le stelle neonate e nutre il black hole, che a sua volta emette potenti geyser radio che si espandono nell’ambiente circostante e danno vita a “bolle” giganti che avvolgono i poli del getto. Stando alle attuali conoscenze, gli AGN – active galactic nuclei, ovvero i gruppi stellari il cui centro è particolarmente luminoso, come nel caso di quello osservato da ALMA – brillano e crescono condizionati dal comportamento “ingordo” del “mangia materia” centrale: la radiazione prodotta e il materiale espulso dal buco nero, sotto forma di enorme getto radio bipolare, sarebbero in grado di influenzare (agendo sul gas molecolare) il tasso di produzione stellare e il destino della galassia ospite. I dettagli del processo di interazione buco nero supermassiccio/galassia erano previsti ma difficili da osservare. L’occhio di ALMA invece ha individuato i filamenti di gas molecolare (estesi per 30/60 mila anni luce) che circondano le bolle radio prodotte dal black hole. Per il team che ha raccolto i dati di ALMA, queste informazioni suggeriscono che le nubi di gas molecolare sono gonfiate dalle bolle radio (prodotte quindi indirettamente dal buco nero) o si sono formate per l’instabilità indotta dalla presenza del buco nero. In entrambi i casi, ALMA ha dato prova che il gas che accende le stelle è tenuto sotto scacco dal comportamento del “mangia energia”.