Martedì, 23 Ottobre 2018


La mancanza di questa proteina fa prevalere le fibre muscolari che si contraggono lentamente su quelle a contrazione più rapida. Gli animali che ne sono sprovvisti hanno maggior resistenza all’affaticamento ed un maggiore dispendio energetico, con conseguenze sul metabolismo. Ad indicarlo uno studio dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Cnr pubblicato su Scientific Reports

Uno studio dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibcn) ha dimostrato per la prima volta come l’assenza di ciclina D3, proteina che presiede e regola il ciclo cellulare, sia in grado di influenzare la fisiologia dei muscoli. In particolare, oltre alla sua fondamentale funzione di controllo della proliferazione delle cellule muscolari, la proteina svolge un ruolo cruciale nella regolazione dell’espressione di geni selettivi per specifiche fibre muscolari. Lo studio è pubblicato su Scientific Reports.

“Gli animali che mancano del tutto della ciclina D3 presentano un aumento significativo di fibre muscolari che si contraggono lentamente, cioè quelle specializzate nel lavoro muscolare di tipo aerobico e resistenti all’affaticamento. Le fibre di questo tipo consentono di sostenere attività e sforzi duraturi e prolungati nel tempo, come una corsa su lunghe distanze. L’assenza della proteina permette a queste fibre di ‘occupare il posto’ di quelle che si contraggono rapidamente, specializzate invece nel lavoro muscolare ad alta intensità e forza ma bassa resistenza alla fatica”, spiega Roberto Coccurello del Cnr-Ibcn.

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Dopo i 50 anni una donna su tre e un uomo su cinque sono destinati a subire delle fratture a causa della fragilita' ossea, e il numero di fratture odierno- una ogni tre secondi nel mondo- e' destinato ad aumentare vertiginosamente, molto piu' di quanto stia crescendo l'aspettativa di vita. Sono solo alcuni dei dati presentati oggi a Roma in occasione della Giornata Mondiale dell'Osteoporosi, che si celebra ogni anno il 20 ottobre, e contenuti nel Report "Ossa spezzate, vite spezzate: un piano d'azione per superare l'emergenza delle fratture da fragilita' in Italia" elaborato dalla International Osteoporosis Foundation (Iof) e sostenuto dalla Fondazione Italiana per la Ricerca sulle Malattie dell'Osso (Firmo), dalla Societa' Italiana dell'Osteoporosi del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (Siommms) e dalla Societa' Italiana di Ortopedia e Traumatologia (Siot). La presentazione del Report e' stata l'occasione per fare il punto sulla situazione attuale nel nostro Paese e mettere a fuoco le prospettive di cura di una condizione che troppi ritengono, a torto, un'inevitabile condanna della terza eta', ma che ha invece soluzioni mediche esistenti e praticabili. In particolare, il Report ha evidenziato il peso nascosto, ma molto gravoso, delle fratture da fragilita' in Italia.

I risultati, che fanno parte di un piu' ampio rapporto europeo elaborato da Iof, stimano che nel 2017 le spese sanitarie associate a fratture da fragilita' abbiano gravato sul Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) per 9,4 miliardi di euro, una cifra che silenziosamente minaccia di paralizzare l'intero sistema sanitario italiano. "Attualmente in Italia la percentuale di persone che hanno 65 anni o piu' e' stimata intorno al 23%, ma tale cifra e' destinata ad aumentare con l'incremento dell'eta' della popolazione italiana- afferma la Prof.ssa Maria Luisa Brandi, Presidente di Firmo e Ordinario di Endocrinologia presso l'Universita' di Firenze- Di conseguenza anche l'incidenza di condizioni croniche, come l'osteoporosi, e' destinata a crescere, portando a un aumento esponenziale delle fratture da fragilita' causate dell'osteoporosi".

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