Un intellettuale anticonformista, animato da un acuto senso critico che lo ha posto spesso in contrasto con le posizioni culturali e politiche dominanti: Ruggero Zangrandi.

Dal 25 settembre al 19 ottobre la Casa della Memoria e della Storia di Roma rende omaggio al giornalista, allo scrittore, al ricercatore ed all'uomo con una interessante mostra intitolata: "Ruggero Zangrandi: un viaggio nel Novecento".

L'esposizione, curata dell'Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza (Irsifar), promossa dall'Assessorato alle politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale in collaborazione con Zètema Progetto Cultura, consta del materiale proveniente dall'archivio personale di Ruggero Zangrandi, donato nel 2007 all'Irsifar dalla figlia del giornalista, Gabriella.

Una selezione di fotografie, appunti, diari e lettere che ripercorrono l'esperienza culturale ed umana di un intellettuale che ha partecipato con intensità alle vicende salienti del nostro Paese durante il secolo scorso.

Dalla conoscenza con Vittorio Mussolini, figlio del Duce, fatta sui banchi di scuola del Liceo Tasso di Roma e con il quale ha collaborato alla pubblicazione del periodico studentesco "La penna dei giovani", alla frequentazione di Villa Torlonia.

Dall'adesione al movimento fascista e la conseguente partecipazione all'attività editoriale con "Il Popolo d'Italia", organo del Partito fascista, alla rottura con il regime, fino alla fondazione del Partito socialista. Rivoluzionari eventi che condussero il giornalista prima alla reclusione nel carcere di Regina Coeli e successivamente alla deportazione nelle prigioni di Alexanderplatz e di Charlottenburg in Germania.

La scarcerazione ed il ritorno in Italia. L'attività di commentatore politico per il quotidiano "Paese Sera", quella di ricercatore storico, la militanza nel Partito Comunista italiano.

L'attività di scrittore terminata con la morte avvenuta per suicidio nell'ottobre del 1970.

I documenti presentati presso la Casa della Memoria dimostrano come Zangrandi  sia sempre stato conscio dell'importanza della ricerca della verità anche, e soprattutto, se scomoda.

 

 

Una consapevolezza che, accompagnata ad un brillante acume intellettuale e ad una chiarezza espressiva non comune, non passarono inosservati nè a Mussolini prima, nè a Togliatti poi.

Durante i primi anni trenta Zangrandi seguì con interesse gli albori del fascismo, avviandosi ad una folgorante carriera nel regime. Successivamente, alla fine dello stesso decennio, fece un passo indietro per denunciare apertamente l'imperialismo in Africa, la guerra in Spagna, l'alleanza con i nazisti e le leggi razziali.

Posizione che lo fecero approdare all'anti-fascismo militante, condannandolo alla clandestinità e, come detto, alla prigione.

Al ritorno in Italia dalla detenzione nazista, con l'iscrizione al Partito Comunista non cessò il suo impegno nella continua ricerca della verità.

Denunciò apertamente i governi alleati ed il Partito Comunista: i primi per aver abbandonato Roma, dopo l'8 settembre, alle forze tedesche senza opporre resistenza; il secondo per aver occultato le responsabilità politiche e morali delle classe dirigente badogliana e degli alti gradi dell'esercito.

Nel libro: "1943: 25 luglio 8 settembre" riportando una serie di testimonianze di coloro che dopo l'Armistizio scelsero di schierarsi al fianco dei tedeschi, Zangrandi, pur affermando ripetutamente che quella fu una "scelta sbagliata", sottolineò come quest'ultima fosse stata presa in assoluta buona fede. Sulla base di tali presupposti e nella oggettiva considerazione che numerosi militanti del PCI avevano indossato in passato la "camicia nera", auspicava il superamento delle traumatiche divisioni prodotte tra gli italiani dalla guerra civile.

Denunce che lo posero in contrasto con i vertici del PCI costituendo una frattura difficile da sanare ed a causa delle quali Zangrandi subì un processo interno al partito.

I documenti esposti nell'ambito della mostra esprimono dunque la presa di coscienza da parte dello scrittore del significato più profondo del mestiere di giornalista, nonchè testimoniano l'assunzione di responsabilità compiuta nei confronti dei lettori e della società in generale, sacrificando la propria esistenza personale e professionale.

Società che Ruggero Zangrandi ha inteso riconciliare, liberare dalle ideologie del passato e rendere maggiormente democratica.

 

Fabrizio Giangrande

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Ultima modifica il Martedì, 23 Ottobre 2012 11:28
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