“La paziente necessitava della sostituzione urgente della valvola aortica - spiega il prof. Massetti -. Dopo una stratificazione del rischio (il processo che valuta gli oggettivi rischi di un intervento a cuore aperto rispetto a quelli della malattia, n.d.r.) abbiamo avviato il programma di chirurgia valvolare mininvasiva con la valvola Avalus™. La paziente è stata operata nella sala ibrida del Gemelli a dicembre con una degenza complessiva di quattro giorni dopo l’intervento e una riabilitazione di circa due settimane. L’intervento è perfettamente riuscito; l’impianto non è stato seguito da complicanze e la protesi ha dimostrato i vantaggi previsti con un miglioramento della funzione cardiaca e delle condizioni generali della paziente”. Data l’età media dei pazienti sempre più alta, è ormai preferibile ricorrere all’impianto di protesi biologiche al posto di quelle meccaniche che necessitano di una terapia anticoagulante a vita dopo l’intervento. Anche se la durata delle valvole biologiche si attesta intorno ai 10-15 anni con la successiva necessità di sostituirle, grazie alle bioprotesi di ultima generazione è possibile reintervenire tramite tecniche percutanee, piuttosto che sottoporre il paziente a una nuova operazione di sostituzione della valvola deteriorata.
La nuova valvola biologica Avalus™, in pericardio bovino, sintetizza tutti i benefici ottenuti negli anni con le bioprotesi già in uso, le più impiantate nell’ambito della chirurgia valvolare. Continua il prof. Massetti: “è composta da foglietti valvolari in pericardio montati su un supporto semi flessibile che ne garantisce il funzionamento favorendone il posizionamento. Ha numerosi vantaggi: un trattamento del materiale biologico, cioè del pericardio, che ne facilita la longevità, un profilo basso e un anello di sutura avanzato, vale a dire la parte che permette di fissare la valvola a livello del cuore con fili di sutura in grado di saldarla prontamente. Il tessuto artificiale dell’anello - spiega ancora il cardiochirurgo - favorisce la cicatrizzazione, rendendo la valvola ancor più compatibile con l’apparato circolatorio. Un impianto più semplice e più ‘biocompatibile’ rispetto al passato. Infine, permette una migliore gestione del paziente qualora il rimanifestarsi della patologia richieda un nuovo intervento chirurgico o transcatetere”. Le prime protesi biologiche risalgono agli anni '70 ed erano prodotte con tessuti prelevati dallo stesso paziente. In seguito, si è passati a quelle provenienti da tessuti di suino, fino alle valvole in pericardio bovino o equino. La provenienza è certificata, da animali altamente controllati, allevati appositamente per questo utilizzo. Oggi, ne beneficia la maggior parte dei pazienti, in quanto in grado di garantire ottime prestazioni, preservando la qualità di vita.
Sulla pelle della anziana donna operata con successo al Gemelli, grazie alla chirurgia valvolare mininvasiva ibrida, resta oggi un segno minimo, una cicatrice finale lunga appena 3 cm. Un trauma chirurgico molto limitato, non paragonabile ai 25 cm. della cicatrice che sarebbe stata determinata dalla chirurgia tradizionale.
“Presso il Gemelli adottiamo tutte le tecniche cardiochirurgiche più avanzate, in particolare la chirurgia mininvasiva di routine, grazie alla presenza di una sala operatoria ibrida di ultima generazione, che permette di realizzare procedure tecnologiche avanzate in totale sicurezza per il paziente - precisa il prof. Massetti -. Ci basiamo sul concetto del ‘paziente al centro’, dove tutte le competenze dell’Area Cardiovascolare lavorano in sinergia, analizzando la patologia e le differenti problematiche del paziente e decidendo poi insieme il percorso terapeutico più idoneo. Questo è possibile grazie al nostro ‘Heart Team’, un’equipe multidisciplinare composta da tutte le figure professionali necessarie per curare il cuore: dai cardiologi ai cardiochirurghi fino agli anestesisti e agli psicologi. Il gruppo si riunisce ogni giorno per un’ora, analizza tutti i casi e sceglie come procedere. Un approccio che ha portato molti benefici in termini di risultati clinici e di soddisfazione dei pazienti e delle loro famiglie” - conclude il prof. Massetti.