Lo studio mostra come l'eventuale rilevazione degli echi gravitazionali possa fornire nuovi indizi sulla teoria della gravità di Einstein
Nello studio appena pubblicato sulla rivista “Nature Astronomy” i ricercatori Paolo Pani del dipartimento di Fisica della Sapienza e Vitor Cardoso dell'Instituto Superior Técnico di Lisbona discutono di come, alla luce di nuovi modelli teorici, l'astronomia gravitazionale possa fornire informazioni sulla natura dei cosiddetti “oggetti compatti”, termine col quale in astrofisica vengono indicate grandi masse concentrate in dimensioni molto ridotte, come i buchi neri. Le onde gravitazionali contengono informazioni sulla natura degli oggetti compatti, proprio come le onde sonore prodotte da uno strumento musicale dipendono dalle proprietà di quest'ultimo: forma, dimensione, materiale. La loro rilevazione, meno di due anni fa, ha rappresentato una importantissima conferma della teoria di Einstein e ha aperto la strada a un nuovo capitolo della fisica. Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, una stella massiccia alla fine del suo ciclo di vita collassa sotto il suo stesso peso e forma un "buco nero", un oggetto che distorce lo spazio-tempo in maniera così drastica che nemmeno la luce è in grado di uscire dal suo "orizzonte degli eventi", cioè la regione oltre la quale non è più possibile osservare un fenomeno. Nuovi modelli teorici suggeriscono che l’eventuale presenza di “echi gravitazionali”, se rilevati dagli interferometri LIGO e Virgo, potrebbe indicare che i buchi neri non sono come fino a oggi ipotizzato: vari modelli di gravità quantistica prevedono che l'orizzonte degli eventi non si formi e che il collasso gravitazionale termini con la formazione di un oggetto esotico compatto e non un vero e proprio buco nero.
Some marine species more vulnerable to climate change than others
Certain marine species will fare much worse than others as they become more vulnerable to the effects of climate change, a new UBC study has found. After analyzing the biological characteristics of 1,074 marine fish and shellfish, the study identified 294 species that are most at-risk due to climate change by 2050. Species most at-risk include the Eastern Australian salmon, yellowbar angelfish, toli shad, sohal surgeonfish and spotted grouper. “We hope that this study will highlight the marine species that are most in need of management and conservation actions under climate change,” said William Cheung, associate professor in the Institute for the Oceans and Fisheries and director of science for the Nippon Foundation – UBC Nereus Program.