Le aspettative della Conferenza di Rio

 

Si apre oggi, 20 giugno, nella città brasiliana di Rio de Janeiro il vertice delle Nazioni Unite che affronta il tema dello Sviluppo Sostenibile.

Alla conferenza, più nota come "Rio +20" in quanto si tiene venti anni dopo il "Summit della Terra", prenderanno parte i delegati dei 193 paesi membri ONU per considerare temi quali: il controllo delle emissioni di CO2, la deforestazione, l'inquinamento dei mari e dei corsi d'acqua dolce, la salvaguardia delle biodiversità, il controllo delle nascite ed il ricorso alle energie rinnovabili.

Sono molte però le ragioni di scetticismo sulle reali capacità e sulle possibilità che i leaders politici mondiali possano adottare misure concrete, al fine di salvaguardare lo stato di salute ambientale.

Lo scetticismo deriva da una serie di fattori concomitanti.

Primo tra questi è il fantasma della crisi economica che aleggia in quasi tutti i mercati internazionali. Un drastico cambiamento degli apparati produttivi, soprattutto di quelli industriali, renderebbe necessario, in molti contesti, investimenti economici volti alla riconversione in favore di economie eco-sostenibili. Investimenti e quindi sacrifici che forse sarebbero paganti solo nel lungo periodo. Un periodo troppo lungo per alcuni leader politici che vedono l'approssimarsi delle scadenze elettorali nei propri Paesi.

 

 

Peserà dunque molto l'assenza al Vertice ONU di leaders politici come il Presidente americano Obama o la Cancelliera Merkel ed il Premier Cameron, i cui paesi, in considerazione del peso degli apparati industriali, rappresentano parti importanti di quella che dovrebbe essere la riconversione alla cosiddetta "green economy".

Ulteriore motivo di incertezza sulle riuscite della conferenza giunge dai risultati ottenuti dai due precedenti incontri preparativi del "Rio +20" tenutisi a New York.

In quelle occasioni non si è infatti giunti all'approvazione di alcun testo finale.

Una situazione di stallo che la delegazione brasiliana ha tentato di superare proponendo un testo scaturito da una lunga serie di incontri bilaterali ma che ora dovrà ricevere l'approvazione in sede plenaria. Il documento proposto risulta inoltre debole poichè non fissa una tabella di marcia nè stabilisce gli strumenti per attuare il graduale passaggio alla "green economy".

Non sono poi da sottovalutare le pressioni delle grandi multinazionali. Ciò non riguarda solo la produzione e l'utilizzo dei carburanti fossili ma anche la produzione della carta, della gomma, dei prodotti ittici e della carne bovina. In particolare quest'ultima si stima abbia un impatto, secondo uno studio presentato dalla LAV (Lega Anti Vivisezione), del 12,8% delle emissioni di Co2 nell'UE, una responsabilità sulle emissioni inferiore solamente a quella della produzione di energia e dell'industria dei trasporti.

Infine scetticismo è dato dalla reale volontà dei rappresentanti dei Paesi in forte ascesa economica e demografica di voler frenare, per favorire uno sviluppo sostenibile, la propria produzione industriale e la propria corsa verso i consumi ed il consumismo.

Fortunatamente non manca qualche spiraglio per coltivare le speranze.

Sembra infatti che finalmente nei differenti livelli, istituzionali e non, nazionali ed internazionali, si stia affermando una reale consapevolezza sull'urgenza di adottare misure concrete per la salvaguardia dello stato di salute della Terra.

Come ha ribadito in un recente intervento il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, "una rivoluzione globale per l'energia pulita, che consenta di fornire elettricità a tutto il mondo in via di sviluppo", rappresenta ormai una necessità.

Allo stesso modo il cinese Sha Zukang, Segretario generale dell'ONU per "Rio +20", ha sollecitato il raggiungimento di un accordo su un testo ambizioso nel senso di uno sviluppo sostenibile "per la nostra generazione e per il nostro Pianeta" sia per i Paesi ricchi che per quelli poveri.

Il mare e la salvaguardia delle numerose specie marine ormai prossime all'estinzione, sono invece lo specifico oggetto dell'intervista rilasciata in questi giorni da Charles Clover, Presidente di Blue Marine Foundation. Nel corso di tale intervista Mr Clover ha ribadito come sia necessario "creare riserve marine in acque internazionali”, auspicando "l'introduzione di norme per la pesca in mare aperto che sostituiscano l'attuale assenza di regolamentazione".

Ed ancora, possono essere viste in maniera assai positiva alcune proposte avanzate, anche se al momento solo in via teorica, come il rafforzamento dell'UNEP, il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite. Programma che dovrebbe essere potenziato, basandosi non più esclusivamente su donazioni volontarie ma su un budget stabilito, per trovare così equiparazione con le altre agenzie ONU. Come pure si afferma, nell'ambito dello stesso UNEP, l'idea di introdurre l'IWI ossia un nuovo sistema di controllo del PIL che consideri non solo il prodotto interno lordo ma anche la gestione del patrimonio ambientale.

Va poi sottolineato come, finalmente, alcune grandi aziende impegnate in differenti settori, dalla produzione di energia all'industria alimentare fino a quella dei trasporti, si siano accorte della convenienza che può acquisire, sia in termini pubblicitari sia in termini finanziari, l'approccio ad un diverso modo di fare economia, un approccio attento all'ambiente. Una fetta di mercato che, anche se ancora minoritaria, inizia ad essere considerevole.

Infine bisogna, forse con un eccesso di ottimismo, riflettere sul fatto che per lo meno, a differenza di pochi decenni fa, i rappresentanti delle Nazioni del Mondo siano disponibili a sedersi intorno ad un tavolo per affrontare il tema dello sviluppo sostenibile, argomento questo di scottante attualità e di così difficile soluzione.

Insomma non resta che aspettare la fine del Vertice per comprendere se a spuntarla sarà il coraggio di evolversi culturalmente o la paura di cambiare. Nel primo auspicabile caso, ad affermarsi sarà il diritto. Il diritto delle generazioni attuali e di quelle future tra le quali si stringerà un accordo virtuale su questioni molto reali, concrete e connesse ai grandi valori della democrazia.

 

Fabrizio Giangrande

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Ultima modifica il Martedì, 23 Ottobre 2012 11:25
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