È la 64esima specie di Legionella individuata al mondo, la seconda isolata in Italia: a scoprirla, durante l’attività di sorveglianza programmata in una struttura alberghiera, sono stati gli studiosi del Laboratorio di Microbiologia Ambientale e biologia molecolare (MAb) dell’Università di Bologna.
L’hanno chiamata Legionella bononiensis: è la 64esima specie di Legionella individuata al mondo, la seconda isolata in Italia dalla scoperta del patogeno. È stata scoperta nel corso del 2019 in una struttura alberghiera dai ricercatori del Laboratorio di Microbiologia Ambientale e biologia molecolare (MAb) dell’Università di Bologna.
Attivo al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Alma Mater, il Laboratorio MAb è coinvolto nell'attività di sorveglianza ambientale dei batteri di Legionella, una specie batterica che causa la legionellosi, malattia che colpisce principalmente le vie respiratorie. Questa attività viene portata avanti affiancando tecniche tradizionali e metodiche molecolari di ultima generazione, come la spettroscopia di massa, il sequenziamento genico e le più moderne tecniche di Next Generation Sequencing (NGS).


Uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Science ha esplorato, mediante sequenziamento dell’esoma, errori congeniti dell’immunità alla base di forme gravi di COVID-19 nei bambini, che comportano una severa risposta infiammatoria multisistemica, denominata MIS-C (Multisystem Inflammatory Syndrome in Children). Lo studio ha visto coinvolti l’Ospedale dei Bambini Buzzi e l’Università degli Studi di Milano.
A seguito dell’esposizione di uno stesso microrganismo vi sono soggetti resistenti che sviluppano infezioni asintomatiche o paucisintomatiche, e soggetti che sviluppano infezioni gravi e potenzialmente letali. Studi di genomica umana hanno dimostrato che alcune infezioni respiratorie gravi (ad esempio Rhinovirus, polmonite influenzale), possono avere una causa genetica, specialmente in soggetti in cui non sono note condizioni predisponenti. Anche nel corso della pandemia da COVID-19 si è osservata una variabilità del quadro clinico da infezione da SARS-CoV-2, suggerendo che anche in questo caso possa essere implicata un’influenza di fattori genetici umani nella risposta al virus. In particolare in ambito pediatrico, sebbene nella maggior parte dei casi i bambini con infezione da SARS-CoV2 abbiano forme meno gravi rispetto all’adulto, si è osservato che circa lo 0.6% dei bambini ha mostrato un quadro clinico caratterizzato da una severa risposta infiammatoria multisistemica, denominata Multisystem Inflammatory Syndrome in Children o MIS-C. E’ stato pertanto ipotizzato che fenotipi estremi della malattia da SARS-Cov2, come la MIS-C, possano essere spiegabili con maggiore probabilità da un difetto genetico della risposta antivirale.

 

 Uno studio dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr e dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, pubblicato su Journal molecular endocrinology, ha stabilito una relazione tra gli adipociti, le cellule presenti nel tessuto adiposo, e la funzionalità della tiroide. In particolare con la proteina Ttf-2, il cui cattivo funzionamento è correlato a patologie come il cancro alla tiroide e l’ipotiroidismo. L’obiettivo è quello di fornire elementi utili allo sviluppo di cure che riducano gli effetti dell’obesità sulla ghiandola tiroidea

 Una ricerca effettuata dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc), in collaborazione con l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” (UniRoma1), pubblicata sulla rivista Journal molecular endocrinology, ha messo in evidenza la relazione che intercorre tra l’obesità e la funzionalità della tiroide.

 

Alterazioni patologiche nel sistema nervoso centrale e nell'intestino



La tomografia a contrasto di fase a raggi X si è rivelata una tecnica efficace per indagare l’origine e l’evoluzione della sclerosi multipla e individuare possibili biomarker precoci, secondo una ricerca dell’Istituto di nanotecnologia del Cnr condotta in collaborazione con il Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Genova e altre istituzioni di ricerca internazionali. Lo studio è pubblicato su Communications Physics

Una ricerca dell’Istituto di nanotecnologia (Nanotec) del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma condotta in collaborazione con il Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Genova e altre istituzioni di ricerca internazionali, ha dimostrato che la tomografia a contrasto di fase a raggi X è una tecnica efficace per indagare l’origine e l’evoluzione di patologie neurodegenerative come la sclerosi multipla, e individuare possibili biomarker precoci.

1 dicembre 2022 – I massimi esperti a livello internazionale si confrontano sulle nuove strategie terapeutiche, sui nuovi target, su cure sempre più personalizzate al convegno “Immunotherapy Bridge”, organizzato dall’oncologo dell’Istituto dei tumori di Napoli, Paolo Ascierto e giunto alla dodicesima edizione. E una nuova speranza arriva proprio dal Pascale: presentati dati incoraggianti da due studi che dimostrano l’efficacia di nuovi immunoterapici nel melanoma dell’occhio e in casi in cui finora non veniva praticata l’immunoterapia.

Dal ponte virtuale che unisce il Vesuvio al resto del mondo (da qui il titolo del convegno “Immunotherapy Bridge”), creato dodici anni fa da Paolo Ascierto, oncologo ricercatore dell’Istituto Pascale, parte una nuova speranza per i pazienti del melanoma a cui, fino all’altro ieri, neanche l’immunoterapia veniva vista come un’ancora di salvezza.


Messa a punto dal Bambino Gesù con il MIT di Boston, consentirà di sperimentare la sospensione della terapia antiretrovirale. Ogni anno nel mondo 150.000 nuove infezioni pediatriche.
Una nuova speranza di trattamento per i bambini affetti da HIV arriva dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù alla vigilia della Giornata Mondiale contro l’AIDS. Medici e ricercatori sono riusciti a mettere a punto una nuova procedura in grado di caratterizzare la carica virale residua e la risposta immunitaria protettiva a essa associata presente nei pazienti, individuando quei bambini in cui il residuo virale risulta dormiente e quelli in cui tale residuo comporta, se non adeguatamente trattato, un rischio di recidiva della malattia. I risultati di questa nuova procedura verranno presentati nella prossima edizione della Conference on Retroviruses and Opportunistic Infection, che si terrà a Seattle il prossimo mese di febbraio. Nel corso del 2023 partirà al Bambino Gesù la prima sperimentazione per la sospensione della terapia antiretrovirale nei bambini con riserva virale “dormiente”.


Il nostro cervello, sulla base delle esperienze appena vissute, formula e aggiorna continuamente delle predizioni su quel che avverrà nel nostro immediato futuro e poi ne verifica la congruenza o l’incongruenza con ciò che accade per affinare le previsioni successive. Questa capacità costituisce un vantaggio fondamentale nella nostra interazione quotidiana con l’ambiente che ci circonda. Ma come avviene questo processo?
Il Prof. Fabrizio Doricchi del Dipartimento di Psicologia dell’Università “La Sapienza” di Roma e della Fondazione Santa Lucia IRCCS ha svelato che la regione del cervello nota come giunzione temporo-parietale, svolge un ruolo fondamentale nell’aggiornare e modificare tali predizioni. In uno studio appena pubblicato sull’autorevole rivista Physics of Life Reviews, il Prof. Fabrizio Doricchi e i suoi collaboratori hanno svelato che, in tutti questi compiti, la giunzione temporo-parietale svolge un ruolo “predittivo” e che i due emisferi cerebrali hanno ruoli “predittivi” diversi.

 


A portare a questa ipotesi, uno studio condotto da tre ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicato sulla rivista IBRO Neuroscience Reports, secondo il quale entrambe le patologie sarebbero causate dallo stesso meccanismo neurodegenerativo - che hanno chiamato Neurodegenerative Elderly Syndrome (NES) - e si differenzierebbero in seguito.

Tre ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc) - Daniele Caligiore, Flora Giocondo e Massimo Silvetti - hanno recentemente pubblicato sulla rivista internazionale IBRO Neuroscience Reports un articolo in cui per la prima volta propongono che l’Alzheimer e il Parkinson potrebbero originare dallo stesso meccanismo neurodegenerativo, per poi differenziarsi in seguito, e hanno chiamato tale fenomeno neurodegenerativo “NES-Neurodegenerative Elderly Syndrome” (Sindrome neurodegenerativa dell’anziano). Lo studio ha seguito un approccio interdisciplinare e di sistema per analizzare e sintetizzare in modo originale nell’ipotesi della NES i risultati di diverse ricerche su Alzheimer e Parkinson condotte in ambiti diversi, dalla genetica alla neurofisiologia.


Su "Nature Communications» studio coordinato dalle Università di Padova e di Firenze" ha identificato per la prima volta la correlazione tra il DNA dei microorganismi presenti nell’uomo e stile di vita nelle popolazioni antiche.


Ripercorrere l’evoluzione dello stile di vita dei nostri antenati vissuti nel Sud Italia tra 31.000 e 2.200 a.C attraverso lo studio dei microorganismi presenti all’interno della bocca dell’uomo (microbiota orale), da cui è stato estratto il DNA antico. È il risultato ottenuto dallo studio coordinato dall’Università di Padova, grazie al sostegno del programma STARS, e dall’Università di Firenze, che è stato pubblicato sulla rivista «Nature Communications» in un articolo dal titolo Ancient oral microbiomes support gradual Neolithic dietary shifts towards agriculture.


Indagato da un gruppo internazionale di ricercatori dell’IFOM e dell’Università degli Studi di Milano il ruolo dell’enzima Polimerasi Theta nella farmacoresistenza è stato studiato. Per la particolare funzione di questa molecola i ricercatori hanno coniato il nome di “enzima-filler”, o enzima riempitore. Esso ha infatti la capacità di colmare le lesioni che le terapie hanno provocato al DNA delle cellule tumorali, con la conseguenza di rafforzare tali cellule. I ricercatori hanno altresì individuato un approccio terapeutico potenzialmente efficace per impedire l’azione-filler della Polimerasi Theta e prevenire così l’insorgenza della recidiva. Tale approccio potrebbe essere un’alternativa alle classiche radio- e chemioterapie. I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC e dalla Fondazione Regionale Ricerca Biomedica, sono stati pubblicati oggi sulla rivista Molecular Cell.

 

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