Malgrado la scarsa trasparenza del settore, Greenpeace USA ha scoperto che nelle filiere della plastica esistono strette connessioni tra tutte le multinazionali oggetto dell’indagine e alcune delle principali società dei combustibili fossili e del settore petrolchimico. Secondo il rapporto, Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé, Mondelēz, Danone, Unilever, Colgate Palmolive, Procter & Gamble e Mars acquistano i loro imballaggi da produttori che, a loro volta, si approvvigionano da aziende come ExxonMobil, Shell, Chevron Phillips, Ineos e Dow. Celando queste relazioni dietro una cortina fumogena, multinazionali come Coca-Cola, PepsiCo e Nestlé cercano di eludere le loro responsabilità per le violazioni dei diritti umani e ambientali riconducibili alla produzione di plastica ricavata dalle fonti fossili.
Il rapporto mostra che, per decenni, le multinazionali dei beni di consumo hanno collaborato con l’industria dei combustibili fossili per presentare il riciclo come soluzione all’inquinamento da plastica, nonostante l’inefficacia di questa presunta soluzione sia oggi evidente su scala globale. Tutte queste realtà produttive hanno unito gli sforzi per ostacolare l’introduzione di nuove leggi in grado di limitare l’uso di imballaggi e hanno sostenuto progetti di “riciclo chimico o avanzato” che ancora restano sulla carta. Il rapporto rileva inoltre che le industrie del monouso e delle fonti fossili fanno parte di gruppi di facciata che ancora oggi sostengono queste false soluzioni, tra cui l’Alliance to End Plastic Waste, la Recycling Partnership e l’American Chemistry Council.
«Per molto tempo, le multinazionali che impiegano grandi quantità di plastica usa e getta nei loro prodotti hanno cercato di nascondere i legami con le aziende dei combustibili fossili e con l’industria petrolchimica», continua Ungherese. «La nostra investigazione svela che invece hanno obiettivi comuni e continuano a inquinare il pianeta. Se le aziende come Coca-Cola, PepsiCo e Nestlé avessero realmente intenzione di proteggere l’ambiente e le persone, dovrebbero immediatamente porre fine all’alleanza con l’industria dei combustibili fossili e abbandonare il monouso nei loro prodotti».
In mancanza di azioni concrete, la produzione di plastica potrebbe triplicare entro il 2050. Secondo le stime del Center for International Environmental Law (CIEL), questo comporterebbe una crescita delle emissioni legate al ciclo di vita della plastica di oltre il 50 per cento entro il 2030. Si tratta del decennio in cui, secondo l’IPCC, dovremmo invece dimezzare le emissioni antropiche per contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C. Greenpeace chiede alle multinazionali di abbandonare l’usa e getta in favore del riutilizzo e dello sfuso. Nelle scorse settimane l’organizzazione ambientalista ha lanciato una petizione per chiedere alle aziende leader del mercato italiano di ridurre drasticamente il ricorso a bottiglie in plastica monouso, di cui l’Italia è tra i maggiori consumatori al mondo, per ridurre l’inquinamento marino e la dipendenza dal petrolio e dal gas fossile.
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