Ambiente

Ambiente (645)

L’Istituto di scienze e tecnologie dell’informazione ‘Alessandro Faedo’ del Cnr e la Scuola normale superiore di Pisa, in collaborazione con le università di Bari e Oxford, hanno messo a punto un modello matematico per analizzare i flussi e le dinamiche alla base della gentrificazione urbana, il processo che porta un’area abitativa popolare a diventare di pregio. La ricerca è pubblicata su Advances in Complex Systems

La gentrificazione urbana è quel processo per cui uno o più quartieri popolari da un certo momento iniziano a diventare di pregio e ad essere abitati da persone con fasce di reddito medio. Utilizzando un modello matematico di loro creazione, alcuni ricercatori hanno simulato al computer questo fenomeno, rilevando le dinamiche che lo sottendono. In particolare, è stato visto che basta una piccola diseguaglianza economica o un minimo investimento da parte di cittadini con fascia di reddito alta, il 5% del totale della popolazione, per far emergere situazioni di esclusione e sostituzione, innescando importanti fenomeni di gentrificazione urbana. Lo studio, svolto dall’Istituto di scienze e tecnologie dell’informazione ‘Alessandro Faedo’ del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isti) e dalla Scuola normale superiore (Sns) di Pisa in collaborazione con le università di Bari e Oxford, è stato pubblicato sulla rivista Advances in Complex Systems e ha già ottenuto importanti riconoscimenti internazionali, come il premio “Best Talk award” alla Conference on Complex Systems (CCS) e alla International Conference on Network Science (NetSci). Il modello ha simulato una città popolata da individui (agenti) di tre fasce di reddito (basso, medio, alto).


Una biopasta green, completamente biodegradabile, in grado di ancorare i coralli e allo stesso tempo accelerarne la crescita grazie alla tecnologia della mineralizzazione elettrochimica. È la nuova soluzione sviluppata da un gruppo di ricerca congiunto dell’Università di Milano-Bicocca, dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’Acquario di Genova, e descritta in uno studio pubblicato sulla rivista Advanced Materials. Minacciate dai cambiamenti climatici e sempre più vulnerabili, le barriere coralline sono ecosistemi cruciali per la biodiversità marina e la sopravvivenza di molte comunità costiere. Oltre a rappresentare una risorsa fondamentale per pesca e turismo, i reef svolgono un ruolo chiave negli equilibri ecologici globali. Proprio per affrontare la loro progressiva degradazione, la ricerca sta puntando su soluzioni innovative che uniscano ecocompatibilità, efficacia e rapidità d’intervento.



Una ricerca pubblicata sulla rivista Energy & Environmental Materials ha dimostrato che le celle solari a perovskite possono funzionare in modo efficiente anche in ambiente acquatico, aprendo la strada a tecnologie energetiche innovative per l’uso subacqueo. Lo studio è frutto della collaborazione tra due Istituti di ricerca del Cnr, l’Università degli studi di Roma Tor Vergata e la società BeDimensional Spa.

L’energia solare potrebbe presto trovare una nuova e sorprendente applicazione: il fondo del mare. Una ricerca pubblicata sulla rivista Energy & Environmental Materials ha, infatti, dimostrato che le celle solari a perovskite possono funzionare in modo efficiente anche in ambiente acquatico, aprendo la strada a tecnologie energetiche innovative per l’uso subacqueo.




Ogni anno nel mondo vengono prodotte circa 83 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, il 65% dei quali è costituito da fibre sintetiche derivate dai combustibili fossili, mentre ogni secondo l’equivalente di un camion della spazzatura pieno di vestiti viene bruciato, disperso nell’ambiente o avviato in discarica. Tra le principali destinazioni di questa tipologia di rifiuti c’è l’Africa, che nel 2019 ha ricevuto il 46% del tessile usato dall’Unione Europea: per la metà si tratta di indumenti di scarto che finiscono soltanto per inquinare l’ambiente. Sono alcuni dei dati riportati da “Draped in Injustice”, nuovo report di Greenpeace Africa che offre una panoramica sul commercio degli abiti di seconda mano, svelando gli impatti dei rifiuti tessili importati nel continente.



La sostanza organica del suolo è vitale per la fertilità del terreno e per il sequestro del carbonio, ma le pratiche agricole convenzionali spesso ne causano la perdita. L'agricoltura biologica cerca di contrastare questo problema con metodi come il compostaggio e i sovesci. Recentemente, i teli pacciamanti biodegradabili (PFM) hanno attirato l'attenzione per la loro capacità di incrementare significativamente le rese agricole, presentandosi come un'alternativa più ecologica. Tuttavia, ci si interroga se questi teli possano accelerare la decomposizione della sostanza organica del suolo e alterare l'equilibrio ecologico. Come influiscono, quindi, questi nuovi materiali sulla salute del suolo a lungo termine?


Un nuovo capitolo si apre per la storica mitilicoltura di Taranto, una delle eccellenze del Sud Italia. Prende il via ufficialmente "MITICA" (Mitilicoltura Integrata per la Tutela, l'Innovazione e la Capacità di Adattamento al Cambiamento Climatico ed Ambientale), un progetto ambizioso che punta a trasformare gli allevamenti di cozze in veri e propri alleati contro i cambiamenti climatici e per la salute del mare. Ma non solo: l'iniziativa intende anche rafforzare un settore cruciale che, nonostante la sua resilienza, è sempre più esposto alle fragilità imposte da un clima che cambia, offrendo al contempo un modello innovativo per la riduzione dell'anidride carbonica atmosferica. L'iniziativa è il frutto di una sinergia strategica tra il Commissario Straordinario per la bonifica di Taranto, il Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del CNR e il CoNISMa (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare), che unisce ben 36 università italiane. Una squadra di alto livello per un obiettivo cruciale: rendere la mitilicoltura locale non solo più produttiva, ma anche più sostenibile e, soprattutto, più robusta di fronte alle sfide ambientali.


I cambiamenti climatici sono sempre più evidenti e colpiscono con ondate di calore nel periodo estivo, quando le acque del Mediterraneo raggiungono temperature superiori a quelle tropicali, gli effetti sulla biodiversità marina e sul funzionamento degli ecosistemi diventano devastanti.

Nella Giornata internazionale del Mediterraneo il WWF Italia rilancia un articolo a firma di Roberto Danovaro, professore di biologia marina all’Università Politecnica delle Marche e Presidente della Comunità scientifica del WWF Italia, pubblicata sull’ultimo numero di Panda, magazine dell’associazione.

Gli oceani sequestrano oltre il 40% dell’anidride carbonica (mitigando così i cambiamenti climatici) e assorbono circa il 90% del calore dell’atmosfera (rinfrescando il pianeta). Queste funzioni si sommano ad altre fondamentali, come la produzione di cibo (quasi il 30% delle proteine totali), e ossigeno (circa il 50% di tutto quello disponibile). Ma tutti questi servizi dipendono dalla loro salute. Oggi però è sempre più evidente che mari e oceani si sono ammalati: si stanno acidificando e scaldando troppo velocemente, soprattutto in Mediterraneo, con effetti negativi sugli organismi marini e sugli ecosistemi.

 


A tre anni dalla tragedia della Marmolada del 3 luglio 2022, un nuovo studio scientifico pubblicato sulla rivista «Natural Hazards and Earth System Sciences» offre una ricostruzione dettagliata dei meccanismi che portarono al distacco di oltre 70.000 metri cubi di ghiaccio. L'evento, avvenuto a oltre 3.200 metri di quota, causò la morte di 11 alpinisti e il ferimento grave di altri 7.

La Ricerca e il Team Multidisciplinare
Il nuovo articolo scientifico, intitolato Failure of Marmolada Glacier (Dolomites, Italy) in 2022: Databased back analysis of possible collapse mechanisms, è frutto della collaborazione di un team multidisciplinare internazionale. Glaciologi, geologi, ingegneri e geofisici provenienti da diverse istituzioni italiane ed europee – tra cui l'Università di Parma, l'Università di Padova, l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), l'Università di Trieste, l'Università di Zurigo, ARPAV e l'Università di Stellenbosch – hanno unito le forze per comprendere le cause del collasso.


Uno studio internazionale, al quale ha contribuito anche il Cnr-Isafom, ha rivelato come varia, su scala globale, l’efficienza con cui le piante trasformano il carbonio atmosferico in biomassa.
Pubblicata su Nature Ecology and Evolution, la ricerca offre una nuova prospettiva sul ruolo cruciale della vegetazione nella lotta al cambiamento climatico: più efficacemente le piante usano o trattengono il carbonio, più riescono a sottrarre CO2 dall’atmosfera e a ridurne l’impatto.


Pubblicato su «npj Climate and Atmospheric Science» la ricerca di un team di scienziati dell’Università di Padova e dell’Università di Losanna che ha analizzato i dati di quasi 300 stazioni meteorologiche sulle Alpi. La pubblicazione rivela come un aumento di 2°C della temperatura della regione potrebbe far raddoppiare la frequenza di eventi estremi estivi
Le precipitazioni estreme di breve durata, ovvero quelle molto intense che sviluppano enormi quantità di pioggia nell’arco di pochi minuti o poche ore, possono causare gravi danni alle proprietà e mettere a rischio vite umane. Nel settembre 2022 un evento meteorologico estremo ha colpito la regione Marche: più di 100 mm di pioggia in un’ora hanno generato inondazioni e dissesti che hanno provocato la morte di 13 persone e danni per 2 miliardi di euro.

 

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