Lo studio ha rivelato che il millepiedi rilascia queste sostanze quando si sente minacciato, ad esempio da una formica, suo predatore naturale. Le secrezioni non solo respingono l'aggressore, causando un evidente disorientamento, ma sembrano anche fungere da segnale di allarme per gli altri millepiedi nelle vicinanze, comunicando la presenza di un pericolo. La Prof.ssa Mevers, specializzata nello studio di nicchie ecologiche poco esplorate per la scoperta di nuovi farmaci, ha intuito che la complessità di queste molecole poteva nascondere un'attività biologica rilevante anche per l'uomo.
Il legame con il recettore Sigma-1: una promessa per il dolore
Questa non è la prima volta che il gruppo di ricerca si imbatte nel potenziale farmacologico dei millepiedi. In uno studio precedente, Mevers e il suo collaboratore, l'entomologo Paul Marek, avevano esaminato un'altra specie di millepiedi, l'Ischnocybe plicata, originaria della costa nord-occidentale del Pacifico. In quel caso, scoprirono che alcaloidi simili interagivano in modo potente e selettivo con un neurorecettore umano chiamato Sigma-1. Questo recettore è un bersaglio farmacologico di grande interesse, poiché è coinvolto nella regolazione del dolore, nei processi di neuroinfiammazione e in diverse patologie neurologiche, tra cui alcune malattie neurodegenerative.
La nuova ricerca ha confermato che anche una parte degli alcaloidi prodotti dall'Andrognathus corticarius mostra interazioni simili con il recettore Sigma-1, suggerendo un potenziale terapeutico analogo. Secondo Mevers, la scoperta di queste nuove strutture, con la loro architettura molecolare unica e complessa, offre una base di partenza eccezionale per lo sviluppo di farmaci più selettivi e con meno effetti collaterali rispetto a quelli attuali. La natura stessa ha già ottimizzato queste molecole per interagire con precisione con i sistemi nervosi.
La sfida: dalla natura al laboratorio
Il passo successivo è tanto affascinante quanto complesso: trasformare questa scoperta in un farmaco. Le molecole identificate, in particolare gli andrognatanoli, possiedono una struttura chimica estremamente complessa, con anelli multipli e numerosi centri stereogenici, che rendono la loro sintesi in laboratorio un'impresa ardua.
“Questi composti sono piuttosto complessi, quindi richiederanno del tempo per essere sintetizzati in laboratorio,” afferma Mevers.
Una volta prodotte in quantità sufficienti, queste molecole potranno essere studiate in modo più approfondito per valutarne le proprietà farmacologiche, la tossicità e l’efficacia in modelli preclinici.
Dalla letteratura scientifica: il crescente interesse per gli alcaloidi naturali
L'interesse per gli alcaloidi di origine naturale come fonte di nuovi farmaci è un campo in rapida espansione. Ricerche recenti confermano il potenziale di queste molecole. Ad esempio, uno studio di Li, Wang, & Chen (2024) su Natural Product Reports ha evidenziato come nuovi alcaloidi isolati da funghi e piante abbiano mostrato potente attività neuroprotettiva in modelli di Alzheimer. Similmente, il lavoro di Garcia, Santos, & Fernandez (2023) su Journal of Medicinal Chemistry ha descritto la sintesi di analoghi di alcaloidi marini per il trattamento del dolore neuropatico, confermando che la natura è un serbatoio inesauribile di ispirazione farmaceutica. Infine, uno studio di Patel, Singh, & Sharma (2025) apparso su ACS Chemical Neuroscience ha esplorato come alcaloidi terpenoidici, strutturalmente simili a quelli dei millepiedi, possano modulare i canali ionici coinvolti nelle crisi epilettiche.
Questi lavori, pur non riguardando direttamente i millepiedi, rafforzano l'idea che esplorare la biodiversità chimica del pianeta sia una strategia vincente per la medicina del futuro, smentendo chi, in passato, riteneva la chimica dei prodotti naturali un campo ormai superato e poco promettente.
Prospettive e conclusioni critiche
La scoperta degli andrognatanoli e delle andrognatine non è solo una curiosità zoologica, ma un passo concreto verso una nuova farmacologia. Dimostra come organismi apparentemente insignificanti possano custodire soluzioni a problemi medici complessi. La vera sfida, ora, non è solo scientifica ma anche strategica: serviranno investimenti e collaborazioni interdisciplinari per superare gli ostacoli legati alla sintesi chimica e avviare i test preclinici. Se questo percorso avrà successo, il "raccapricciante" millepiedi potrebbe un giorno essere ricordato come il piccolo gigante che ha contribuito a sconfiggere il dolore.
Descrizione immagine suggerita
Un'illustrazione realistica che mostra il millepiedi Andrognathus corticarius su una foglia, con una rappresentazione grafica ingrandita delle molecole di andrognatanoli e andrognatine che vengono rilasciate dalle sue ghiandole difensive. Accanto, uno schema del neurorecettore Sigma-1 che viene modulato da questi composti.
Didascalia: “Dai millepiedi alla medicina: le secrezioni dell'Andrognathus corticarius contengono alcaloidi complessi che interagiscono con neurorecettori umani, aprendo nuove vie per la cura del dolore e delle malattie neurologiche.”