Hexophthalma hahni: Il ragno della sabbia a sei occhi

Guido Donati* 08 Ago 2025



L'Hexophthalma hahni (Karsch, 1878), noto anche con i sinonimi Sicarius hahni e Sicarius testaceus, è un aracnide di grande interesse nel campo della tossicologia, riconosciuto per il suo potente veleno. Questo ragno è caratterizzato da una tossicità dermonecrotica, ovvero la capacità di indurre la necrosi dei tessuti cutanei e sottocutanei in seguito al suo morso.

Morfologia e comportamento
L'Hexophthalma hahni è un ragno di medie dimensioni la cui colorazione, che varia dal giallo sabbia al bruno-rossastro, gli permette di mimetizzarsi perfettamente con l'ambiente arido in cui vive, rendendolo estremamente difficile da individuare. Il suo nome scientifico, Hexophthalma, deriva dal greco e significa "sei occhi", una caratteristica distintiva della famiglia dei Sicariidae a cui appartiene. A differenza della maggior parte dei ragni che ne possiedono otto, i membri di questa famiglia ne hanno solo sei, disposti in tre coppie.

A differenza di molti altri ragni, l'H. hahni non tesse una ragnatela per catturare le sue prede. È un predatore da agguato: si seppellisce nella sabbia o sotto le rocce, attendendo pazientemente il passaggio di ignari insetti o altri piccoli artropodi. Le sue lunghe zampe, dotate di speciali setole, gli permettono di muoversi agilmente sulla sabbia. Questo adattamento, unito alla sua tattica di caccia, gli ha valso il soprannome comune di "ragno della sabbia a sei occhi". Nonostante il suo temibile veleno, il ragno è di natura schiva e non è aggressivo; i morsi all'uomo sono rari e avvengono quasi esclusivamente quando l'animale si sente minacciato o viene accidentalmente schiacciato.

Distribuzione geografica e habitat
La distribuzione geografica dell'Hexophthalma hahni è circoscritta alle regioni aride e desertiche dell'Africa meridionale. Le popolazioni più significative si trovano principalmente in Namibia e Angola. L'habitat preferito da questa specie è caratterizzato da sabbia sciolta, dune e aree rocciose, come il celebre deserto del Namib. La capacità del ragno di sopravvivere in un ambiente così estremo lo rende un esempio affascinante di adattamento evolutivo.

Il veleno e le sue conseguenze
Il veleno dell'H. hahni è una complessa miscela di tossine, la cui componente più pericolosa è la sfingomielinasi D [1]. Questo enzima attacca la sfingomielina, un lipide essenziale che funge da componente strutturale delle membrane cellulari e della guaina mielinica che isola i neuroni. La sua azione citotossica degrada la sfingomielina, compromettendo l'integrità delle membrane cellulari e portando alla morte delle cellule (necrosi) [2, 3].

A livello locale, il morso può causare un'ulcera profonda e dolorosa, con estese aree di necrosi che possono richiedere tempi di guarigione molto lunghi e, in alcuni casi, interventi chirurgici. Tuttavia, il pericolo maggiore deriva dalla possibile insorgenza di una sindrome sistemica. Se il veleno si diffonde nel torrente circolatorio, può scatenare una serie di reazioni avverse, tra cui febbre, malessere generale, emolisi (distruzione dei globuli rossi) e trombocitopenia (una drastica riduzione del numero di piastrine, che può portare a gravi problemi di coagulazione) [4]. In rari e sfortunati casi, la sindrome sistemica può evolvere in insufficienza renale acuta, che può avere esito fatale.

L'importanza della ricerca sul campo
La ricerca scientifica su questa specie è fondamentale per comprendere appieno la sua biologia e il meccanismo d'azione del suo veleno. Recentemente, nel deserto del Namib, è stata condotta una spedizione che ha permesso di osservare una femmina di H. hahni con le uova. Grazie all'aiuto del nostro amico P.J. Brokkies Breitenbach **, una guida naturalistica esperta, è stato possibile documentare come la femmina avesse deposto le uova sotto un sasso, fornendo preziose informazioni sul ciclo riproduttivo e sul comportamento materno di questa specie poco studiata. Tali osservazioni contribuiscono in modo significativo al nostro bagaglio di conoscenze e alla corretta gestione dei casi di avvelenamento da morso di aracnidi.

*Board Member, SRSN (Roman Society of Natural Science)

** PJ Breitenbach +264818399685
     Primal Journeys Namibia Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Bibliografia
[1] Newlands, G., and J. L. Atkinson. "Studies on spider venoms: I. The isolation and characterization of a sphinomyelinase D from the venom of Hexophthalma hahni." Toxicon, 1988, 26(10): 969-975.

[2] Slotte, J. P. "Sphingomyelin and its role in cell membranes." Progress in Lipid Research, 1999, 38(1): 1-13.

[3] Hannun, Y. A., and L. M. Obeid. "The cell-signaling functions of ceramide." Trends in Biochemical Sciences, 1995, 20(2): 73-77.

[4] Müller, G. J. "Spider bites in southern Africa: an overview of the medical implications." South African Medical Journal, 1992, 82(2): 108-111.

 

Ultima modifica il Martedì, 19 Agosto 2025 12:38
Vota questo articolo
(0 Voti)

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

 

Scienzaonline con sottotitolo Sciencenew  - Periodico
Autorizzazioni del Tribunale di Roma – diffusioni:
telematica quotidiana 229/2006 del 08/06/2006
mensile per mezzo stampa 293/2003 del 07/07/2003
Scienceonline, Autorizzazione del Tribunale di Roma 228/2006 del 29/05/06
Pubblicato a Roma – Via A. De Viti de Marco, 50 – Direttore Responsabile Guido Donati

Photo Gallery