In occasione della presentazione al pubblico del libro: "Libia: fine o rinascita di una nazione?", scritto da Karim Mezran e Arturo Varvelli, si è tenuto, il giorno 14 maggio presso il Centro di Studi Americani, uno stimolante convegno dal titolo: "La Libia ad un anno dalla rivolta: quale ruolo per Stati Uniti ed Europa?".

All'incontro hanno partecipato quali relatori il Prof.Lucio Caracciolo, Direttore di Limes, Alberto Negri, inviato in Medioriente de "Il Sole 24 Ore", Duilio Giammaria, giornalista RAI e gli autori del volume presentato.

Il Convegno si è aperto con una breve introduzione da parte del Presidente del Centro di Studi Americani, il Prof. Giuliano Amato, che ha illustrato i temi sui quali si sarebbero confrontati i relatori.

La politica comune europea, in particolare quella italiana ed il Diritto Internazionale sono, secondo Karim Mezran, i veri sconfitti della cosiddetta "primavera araba". Lo studioso ha dichiarato che, in occasione dei movimenti di protesta che hanno infiammato i Paesi del Nord Africa poco più di un anno fa, le istituzioni comunitarie responsabili della politica estera hanno dato dimostrazione della propria impreparazione e della mancanza di concertazione al loro interno. Una carenza resa evidente dalla indipendenza delle scelte prese dai singoli Stati europei e dalla mancata programmazione di un piano "post-Gheddafi". Mezran ha proseguito il proprio intervento sottolineando come, ad eccezione dell'ENI che ha interagito autonomamente con le nuove realtà politiche salvaguardando i propri interessi economici, la diplomazia italiana ha perso la posizione di forza detenuta precedentemente con le istituzioni libiche. Ciò ha pregiudicato inevitabilmente gli accordi antecedenti che vedevano il nostro Paese come fornitore principale di tecnologia, in cambio di parte dei proventi della estrazione degli idrocarburi. Le modalità, del tutto discutibili secondo Mezran, con cui il Leader libico è stato contrastato dalle potenze occidentali, ha creato un pericoloso precedente che mette a repentaglio le regole consuetudinarie proprie del Diritto internazionale.

 

 

Ma non è tutto. Parte della responsabilità per una missione internazionale dai dettagli mal definiti, spetta ai media arabi troppo aprioristicamente schierati contro Gheddafi. Una posizione che avrebbe, in alcuni frangenti, attentato all'oggettività della verità e delle notizie e di cui solo in un secondo momento si è presa coscienza.

Dello stesso avviso è Duilio Giammaria, secondo cui l'emittente televisiva Al Jazeera, considerata, grazie forse alle moderne tecniche utilizzate per confezionare le notizie, l'unico referente autorevole da parte delle agenzie di stampa occidentali, ha distorto in differenti occasioni la realtà. Il giornalista ha portato ad esempio la pubblicazione delle foto che l'emittente ha trasmesso il 20 febbraio 2011, foto in cui venivano mostrate delle fosse comuni di dissidenti poste alla periferia di Tripoli. Immagini che sono state successivamente dichiarate prive di alcun fondamento.

Anche alcuni media e analisti occidentali hanno, secondo Giammaria, commesso  gravi errori di valutazione nell'analizzare la "primavera araba" accostandola per finalità e contenuti alla Rivoluzione Francese. Una debolezza mediatica ed analitica sintomo di una debolezza della politica mediterranea di USA e UE che hanno ormai perso il proprio ruolo nell'area a vantaggio di altri Stati come Qatar ed Arabia Saudita.

Un ruolo ed una capacità di influenzare quelle aree che, peraltro, secondo Lucio Caracciolo, gli USA, l'Europa e l'Italia in particolare, avrebbero ormai perduto già da un secolo.

L'assenza di una strategia efficace per affrontare le crisi del Nord Africa ha favorito quella che il Prof. Caracciolo ha definito una "somalizzazione" del territorio libico, dove con tale concetto si intende la perdita di un monopolio del potere e della unità nazionale in favore di una frammentazione del territorio libico in Città-Stato governate e difese da milizie indipendenti. Un sistema che manifesta la carenza dello Stato Libico e che comunque non assicura la libertà e la sicurezza che la caduta del regime di Gheddafi avrebbe dovuto garantire al popolo.

A questo va poi aggiunta, secondo Alberto Negri, il mancato controllo dei confini libici da parte delle forze di coalizione militari intervenute sul territorio, cosa che ha reso possibile alle popolazioni Tuareg provenienti dal Sud di espandersi nel controllo dei territori. Se dunque, secondo Negri, l'intervento militare occidentale è  riuscito, anche si è realizzato solo in virtù di un errore strategico di Gheddafi che ha concentrato le proprie milizie nella città di Bengasi esponendosi in maniera fatale ai bombardamenti degli aerei della "coalizione", questo non è stato seguito da un valido programma di azione sul territorio libico.

Tutto ciò ha determinato l'attuale situazione di instabilità politica della Libia e la mancanza di referenti autorevoli nel Paese nordafricano che rende difficile, se non impossibile, per l'Italia la garanzia che gli accordi precedentemente stipulati con i rappresentanti del regime di Gheddafi vengano onorati.

Un quadro di sviluppo che invece non è condiviso da Arturo Varvelli secondo cui gli interessi strategici di Italia e Libia sono stati e torneranno ad essere complementari tra loro. Nonostante infatti, il nostro Paese abbia mostrato tutta la propria debolezza politica ed economica in occasione della crisi libica, promuovendo prima una "retorica della continuità" fin quando Gheddafi sembrava ancora in grado di contenere la piazza per poi passare ad una "retorica della discontinuità" una volta deceduto il Leader, gli interessi economici dei due Paesi sono assolutamente correlati, dal momento che il 90% degli introiti della Libia provengono dalla vendita di energia di cui l'Italia è il principale consumatore.

A conclusione dell'interessante convegno è possibile dunque formulare delle considerazioni. Una relativa all'Italia. Appare evidente che il nostro Paese, come è già avvenuto in passato,  ha compiuto le proprie scelte non tanto in base ad una oculata valutazione dei propri interessi, quanto in base alla errata individuazione del vincitore, previsione che puntualmente non si è realizzata.

Una seconda considerazione in merito alla comunità internazionale. Quest'ultima ha perso una preziosa occasione per favorire un processo spontaneo di democratizzazione in un Paese governato da un regime dittatoriale, preoccupandosi eccessivamente degli interessi economici, trascurando quelli politici, rinunciando, ancora una volta, ad operare per rendere il Mediterraneo un'area pacifica e dunque idonea alla tutela dei diritti umani.

 

Fabrizio Giangrande

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Ultima modifica il Lunedì, 15 Ottobre 2012 13:55
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