Scienze Naturali

Scienze Naturali (50)

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Pubblicato sulla rivista scientifica «Biology Letters» lo studio delle Università di Padova e della Pennsylvania che dimostra la comprensione del centro numerico nella specie animale Immaginiamo di contare da 1 a 9: qual è il numero centrale? Che la soluzione sia 5, probabilmente per molti di noi è una risposta piuttosto elementare, tuttavia anche i macachi raggiungono lo stesso risultato.

Lo dimostra lo studio, dal titolo “Relative numerical middle in rhesus monkeys”, condotto dall’Università degli Studi di Padova e dall’Università della Pennsylvania e pubblicato su «Biology Letters». Come gli esseri umani, anche i macachi identificano il centro di una serie numerica e con una sorprendente precisione. La ricerca, coordinata dalla professoressa Rosa Rugani del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, dimostra da parte di questi animali la capacità di identificare l’elemento centrale in una serie di elementi (numerical middle). Nell’uomo la rappresentazione dei numeri avviene principalmente mediante l’uso di simboli, ad esempio i numeri arabi; negli animali le capacità di conteggio sono vincolate a una rappresentazione non simbolica, nota come “senso del numero”. Negli ultimi decenni molto è stato scoperto circa la comprensione animale della matematica primitiva, come ad esempio la capacità di svolgere semplici operazioni aritmetiche o di stimare proporzioni, ma la comprensione del numerical middle era una capacità rimasta – fino ad oggi – inesplorata.


Per 12 anni i ricercatori dell’Università di Torino hanno studiato i canti di questi primati a rischio estinzione, riscontrando categorie ritmiche simili a quelle della musica umana.

 Oggi, lunedì 25 ottobre, sulla rivista scientifica Current Biology è stato pubblicato l’articolo “Categorical rhythms in a singing primate”, firmato dai ricercatori dell’Università di Torino, dell’ENES Lab di Saint-Etienne e dell’Istituto Max Planck di Psicolinguistica di Nijmegen. Attraverso questa ricerca gli autori hanno studiato gli indri, i ‘primati cantanti’ del Madagascar. I loro canti, registrati nelle foreste pluviali montane, possiedono categorie ritmiche simili a quelle della musica umana. La scoperta di tratti musicali condivisi da specie diverse può fare luce sulla biologia e l’evoluzione di ritmo e musica.

 Mentre gli uccelli canori possiedono, come l’uomo, il senso del ritmo, nei mammiferi questa è una caratteristica rara. Un team di ricerca internazionale guidato dai ricercatori senior Marco Gamba (Università di Torino) e Andrea Ravignani (Max Planck Institute) si è messo alla ricerca di abilità musicali nei primati. “C’è un interesse di lunga data nel cercare di capire come si è evoluta la musicalità umana - dichiara Andrea Ravignani - ma questo tratto non è in realtà presente solo negli esseri umani. Cercare abilità musicali in altre specie ci permette sia di costruire un albero evolutivo di queste caratteristiche, sia di capire come le capacità ritmiche si sono originate ed evolute negli umani”.

 

A due anni dalla scoperta di un lago sotto la calotta polare meridionale del pianeta Marte, pubblicata nel 2018 nella prestigiosa rivista scientifica Science da un gruppo di ricercatori e tecnici italiani, un team formato da ricercatori dell'Università Roma Tre, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IREA, Napoli), dell'Università Jacobs (Brema, Germania), della University of Southern Queensland (Centre for Astrophysics: Toowoomba, Australia) e dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha trovato prova ulteriore dell'esistenza di laghi di acqua salata intrappolati sotto il ghiaccio del Polo Sud marziano.

La nuova scoperta conferma quello che un team guidato da Roberto Orosei (INAF), con Elena Pettinelli (Università Roma Tre) ed Enrico Flamini (ASI - Agenzia Spaziale Italiana), aveva annunciato al mondo nel 2018, ovvero che il radar sottosuperficiale MARSIS, uno degli strumenti a bordo della sonda dell'ESA Mars Express, aveva rilevato un'area di forte riflettività a circa 1,5 km sotto i depositi stratificati di ghiaccio e polvere della calotta polare meridionale di Marte. Secondo Orosei e colleghi, l’elevata intensità del segnale riflesso proveniente da un’area di circa 20 km di diametro, avrebbe potuto essere spiegata dalla presenza di un lago d'acqua il cui congelamento sarebbe stato probabilmente impedito da una alta concentrazione di sali. Da allora molto lavoro è stato fatto, sia da parte di membri del gruppo originario che da parte di team internazionali, per comprendere ulteriormente le condizioni geologiche in grado di favorire la presenza di laghi sotto la spessa coltre di ghiaccio di questa zona polare.


Un nuovo studio internazionale richiama l’attenzione dei paesi europei sul rischio di perdita dell’identità genetica delle popolazioni di lupo per effetto dell’ibridazione con il cane e promuove l’adozione di misure adeguate per la corretta gestione del fenomeno. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Biological Conservation
Il cane è un animale domestico associato all'uomo ma in condizioni ecologiche degradate può accoppiarsi con il lupo e produrre ibridi fertili. Questo fenomeno, se diffuso e con frequenza elevata, potrebbe portare alla perdita dell’identità genetica delle popolazioni di lupo, rischiando di condizionare l’ecologia, l’aspetto esteriore e il comportamento della specie, nonché i valori socioculturali e di conservazione a essa associati.

A male specimen of the newly discovered "Thunberg spider". Photo: Rémy Eudeline, Lyon



Senckenberg arachnologist Peter Jäger has described a new genus of spiders from Madagascar: Thunberga gen. nov. is comprised of five species of huntsman spiders. The name refers to the Swedish climate activist Greta Thunberg and her commitment to tackling climate change. Thus, Jäger alerts the public about the threats to Malagasy and global biodiversity. The study was published in the journal "Zootaxa" yesterday.

Huntsman spiders (Sparassidae) do not build nets. However, as pointed out by their name, members of that family are known as active hunters. "For a long time, a huge diversity within this group has been assumed", Dr. Peter Jäger from the Senckenberg Research Institute and Nature Museum in Frankfurt explains and continues: "So far, however, little attention has been paid to the African Sparassidae. I was now able to describe a previously unknown genus in this family."

A total of four species from Madagascar were transferred to the genus Thunberga, which were redescribed and illustrated. The representatives of this group differ from other huntsman spiders by their cheliceral dentition and eye arrangement as well as their uniquely dotted prosoma.


Un nuovo studio del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza ha valutato l’impatto delle attività umane sull’estinzione locale dei mammiferi negli ultimi 50 anni. Solo poche specie sono riuscite a trarre vantaggio dalla convivenza con l’uomo colonizzando nuove aree. Il lavoro è pubblicato su Nature Communications
L'impatto delle attività umane sull'ambiente, che ha avuto un notevole incremento a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso con la terza rivoluzione industriale, sta alterando sensibilmente i processi ecologici alla base della vita sulla Terra.

Uno degli effetti principali dell’intensificarsi delle attività antropiche è la progressiva scomparsa di alcune specie autoctone, con risvolti drammatici sugli equilibri ecosistemici a esse associati. I mammiferi, in particolare, sono stati oggetto di importanti diminuzioni, con il 25% delle specie viventi ritenuto oggi a rischio di estinzione.


Una tigre di Sumatra – specie considerata in grave pericolo di estinzione dalla UICN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) – è morta sull’isola di Sumatra, in Indonesia, dopo essere rimasta intrappolata all’interno di una piantagione per la produzione di cellulosa gestita dalla APP (Asia Pulp and Paper), società controllata dal Sinar Mas Group, uno dei maggiori produttori di carta al mondo.

L’espansione, legale e illegale, delle piantagioni per la produzione di olio di palma e cellulosa è una delle principali cause degli incendi che da ormai molti anni devastano le foreste indonesiane, causando gravi problemi di salute alla popolazione e la perdita dell’habitat di molte specie endemiche come la tigre di Sumatra. In natura ne rimangono circa 600 esemplari.

Secondo il Riau Natural Resources Conservation Agency Center, che ha eseguito l’autopsia, si trattava di un giovane esemplare maschio che, prima di rimanere intrappolato, è stato ferito alla zampa anteriore destra. Nelle vicinanze della trappola è stata trovata una carcassa di maiale, probabilmente utilizzata dai bracconieri come esca. Dall’inizio dell’anno è la seconda tigre ad essere ritrovata morta in una piantagione per la produzione di cellulosa.

pomodoro maturo della linea 'bronzeo'

 

Si chiama 'bronzeo' una nuova linea di pomodoro che contiene una combinazione unica di polifenoli in grado di migliorare i sintomi delle patologie infiammatorie dell’intestino. Lo studio, condotto dall’Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Cnr, è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Nutrition

 

Più di 2.2 milioni di Europei e 1.5 milioni di Americani soffrono di infiammazioni croniche intestinali, per le quali, ad oggi, non esiste una cura. I polifenoli, una famiglia di metaboliti secondari derivati dalle piante, possono rappresentare una valida strategia terapeutica per la cura dei sintomi di tali patologie. Da una ricerca dell’Istituto di scienze delle produzioni alimentari del Consiglio nazionale delle ricerche (Ispa-Cnr), unità di Lecce, in collaborazione con Cathie Martin ed Eugenio Butelli del John Innes Centre, Norwich e con Marcello Chieppa dell’Irccs 'S. De Bellis' di Castellana Grotte (Ba), emerge che una giusta combinazione di polifenoli può attenuare i sintomi dell’infiammazione intestinale. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Nutrition. “Frutta e verdura sono alimenti ricchi di polifenoli, ma per ottenere la giusta combinazione e le giuste quantità attraverso la dieta dovremmo assumerne una varietà e quantità elevatissime”, spiega Angelo Santino dell’Ispa-Cnr coordinatore dello studio. “Nei nostri laboratori siamo riusciti ad ottenere, attraverso un approccio di ingegneria metabolica, una linea di pomodori, che abbiamo chiamato 'bronzeo' per il colore metallico e bronzato della loro buccia, che contengono una combinazione unica di polifenoli. Si tratta, in particolare di flavonoli, antocianine e stilbenoidi la cui azione sinergica è stata valutata in topi affetti da infiammazione cronica intestinale”.

L’associazione fra la celiachia e l’epilessia, sebbene poco frequente, è nota a livello clinico. Una ricerca dell’Ateneo su “Scientific Reports” dimostra per la prima volta sperimentalmente il rapporto fra gli effetti tossici del glutine e l’epilessia.
 

Una ricerca interdisciplinare dell’Ateneo su “Scientific Reports”, che ha studiato i meccanismi molecolari alla base dell’associazione fra la celiachia e l’epilessia, dimostra per la prima volta sperimentalmente il rapporto fra gli effetti tossici del glutine e l’epilessia (“The gliadin peptide 31-43 exacerbates kainate neurotoxicity in epilepsy models” doi: 10.1038/s41598-017-14845-4). La ricerca è frutto della collaborazione dei dipartimenti di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino (NEUROFARBA), di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche e di Scienze della Salute. “Il collegamento fra la celiachia e l’epilessia, sebbene l’associazione sia poco frequente, è suggerito da numerose osservazioni cliniche – spiega Elisabetta Gerace, prima firmataria della pubblicazione – ma la nostra ricerca costituisce la prima dimostrazione sperimentale in modelli animali della correlazione tra la tossicità del frammento 31-43 della gliadina – una delle proteine principali del glutine – e l’epilessia”. “La novità dello studio – sottolinea Antonino Calabrò, docente di Gastroenterologia e direttore del Centro di Riferimento regionale per la celiachia– sta nel fatto di aver documentato come il glutine a contatto con zone cerebrali, come l’ippocampo, potenzi l’effetto dell’acido kainico, responsabile dell’innesco delle crisi di epilessia. L’azione è associata ad un’aumentata espressione della transglutaminasi neuronale”. “Sebbene ancora a livello sperimentale – prosegue Calabrò – la ricerca – che si è avvalsa delle competenze del team guidato da Guido Mannaioni, docente di Farmacologia – apre importanti prospettive nello studio delle terapie per pazienti celiaci epilettici e, più in generale, del rapporto fra il glutine e le malattie neurologiche”.

 

L’aumento delle temperature e della frequenza di eventi climatici estremi, come le ondate di caldo che si verificano in molte parti del mondo, sono destinati a portare ad un calo delle rese produttive delle più importanti colture alla base dell’alimentazione umana. Oggi, con la decifrazione della sequenza del genoma del miglio perlato, un progetto che ha coinvolto un team internazionale di 65 scienziati appartenenti a 30 diverse istituzioni di ricerca, è possibile svelare le strategie vincenti messe in atto da questa coltura per affrontare condizioni climatiche estreme. L’analisi della variabilità genetica di un migliaio di linee di questo cereale, tipicamente ben adattato a crescere nelle regioni desertiche, ha permesso di comprendere meglio come esso possa sopravvivere a temperature estreme (oltre 42°C) e sia eccezionalmente tollerante al secco. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Biotechnology(doi:10.1038/nbt.3943), getta le basi per il potenziale sviluppo di analoghe strategie adattative in altri importanti cereali. La ricerca, co-diretta dall'International Crops Research Institute for Semi-Arid Tropics (Icrisat), India, dal Beijing Genomics Institute (Bgi)-Shenzhen, Cina e dall’Istituto nazionale di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Ird), Francia, e che ha visto anche il coinvolgimento dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibba-Cnr) di Milano, “ha impiegato le tecnologie di sequenziamento e analisi del Dna più innovative per identificare nuovi strumenti genetici, come marcatori molecolari correlati alla tolleranza alla siccità e alle alte temperature, così come ad altri importanti caratteri (migliore profilo nutrizionale, resistenza a patogeni)”, spiega Francesca Sparvoli dell’Ibba-Cnr.

 

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