Il team, guidato dall’università di Southampton nell’ambito del progetto europeo FET-Open MIR-BOSE, è guidato da Raffaele Colombelli del CNRS e Université Paris-Sud per verificare una predizione teorica pubblicata solo l’anno precedente, fabbricando un nano-device capace di intrappolare gli elettroni dentro pozzi quantici nanoscopici.
“Prima abbiamo sintetizzato questo dispositivo nanometrico, poi lo abbiamo racchiuso tra due specchi d'oro, che hanno intrappolato i fotoni e focalizzato l'energia luminosa vicino agli elettroni, aumentando notevolmente l'interazione tra luce e materia. È stato dunque osservato che un elettrone rimane intrappolato nel pozzo, legato agli altri elettroni a carica negativa in una nuova configurazione elettronica stabilizzata dal fotone”, spiega Giorgio Biasiol del Cnr-Iom, che ha guidato il gruppo che si è occupato della crescita delle strutture a pozzo quantico con la tecnica MBE (Molecular Beam Epitaxy), mentre Iacopo Carusotto del Cnr-Ino si è occupato della progettazione dell’esperimento.
“Questo esperimento ha confermato ciò che ci si aspettava alla luce dell’effetto fotoelettrico, la cui scoperta è valsa a Einstein il premio Nobel nel 1921, e sostanzialmente dimostra la possibilità di progettare nuovi atomi artificiali, ampliando notevolmente l'elenco dei materiali disponibili per applicazioni scientifiche e tecnologiche, e in particolare dispositivi fotonici. Si è così verificata la possibilità di utilizzare la luce come una sorta di cerniera subatomica, capace di legare insieme gli elettroni per creare nuovi oggetti simili ad atomi”, conclude Biasol.