Un team internazionale ha identificato per la prima volta tutti i geni trascritti nella pianta di girasole “potenziata” grazie alla simbiosi con un fungo benefico che ne favorisce la crescita e lo sviluppo. La ricerca è stata condotta dai genetisti e microbiologi dell’Università di Pisa, coordinati rispettivamente dal professore Andrea Cavallini e dalla professoressa Manuela Giovannetti, e dai bioinformatici del Centro di ricerca inglese Rothamsted Research. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature".
“Il girasole è una delle quattro più importanti piante produttrici di olio, il prezioso olio di girasole, ricavato dai suoi semi e ricco di acidi grassi insaturi e vitamina E, che è sempre più utilizzato nell’industria alimentare - spiega Andrea Cavallini - Noi con questo studio abbiamo dimostrato che l’espressione di alcuni geni, fondamentali per la crescita e l’assorbimento dei nutrienti nel girasole, aumenta a seguito dell’instaurarsi della simbiosi con un fungo benefico”.
La collaborazione tra i genetisti, microbiologi e bioinformatici ha dunque portato alla identificazione del “trascrittoma”, cioè di tutti i geni espressi nella radice del girasole micorrizato, ovvero quando la pianta si trova a vivere in simbiosi con il fungo Rhizoglomus irregulare.
Genetica (47)
Immagine allegata: Sequenza di passaggi a cui è soggetto normalmente l’ovocita nel processo di fecondazione in vitro (Ivf) e dove potrebbe essere inserito il test meccanico, non invasivo, per la selezione dell’ovocita da fecondare
L’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste, con una nuova sonda che permette l’analisi sull’intera cellula e non solo sulla membrana, identifica una tecnica per riconoscere, in base alle caratteristiche meccaniche, gli ovociti con maggiori probabilità di successo, sia freschi sia dopo il congelamento. La ricerca promette di aumentare l’efficacia del processo, migliorando la selezione degli ovociti utili al raggiungimento di una gravidanza di successo. Lo studio, in collaborazione l’Irccs Burlo Garofolo, è pubblicato sulle riviste Acta BioMaterialia e European Biophysics Journal
Una collaborazione tra un gruppo di ricerca dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom) di Trieste e il reparto di Clinica ostetrica e ginecologica dell’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste ha prodotto, negli ultimi anni, diversi risultati orientati ad aumentare la probabilità di successo della fecondazione assistita per le coppie sterili. Gli esiti delle ultime ricerche sono stati pubblicati su European Biophysics Journal e su Acta BioMaterialia.
“Uno dei momenti più importanti per determinare la fortuna di un processo di fecondazione è la selezione degli ovociti, oggi condotta in base a caratteristiche esclusivamente morfologiche: il medico sceglie la cellula da fecondare rispetto alla forma considerata indice del suo migliore stato di salute. Il criterio è però soggettivo e si basa fondamentalmente sull’esperienza dell’embriologo”, dice Laura Andolfi, ricercatrice del Cnr-Iom. “L’obiettivo di queste ricerche è invece identificare un metodo più generalizzabile, non invasivo e capace di velocizzare il processo”.
Nuove acquisizioni sul meccanismo di ereditarietà genetica associato al cromosoma X
24 Mag 2019 Scritto da Università La Sapienza di RomaUn nuovo studio internazionale, coordinato dalla Sapienza in collaborazione l’European Molecular Biology Laboratory - Rome, il Queen Mary University of London e il California Institute of Technology, fa luce per la prima volta sul meccanismo biologico di inattivazione del cromosoma sessuale X alla base dell’ereditarietà genetica. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Structural & Molecular Biology La determinazione del sesso nei mammiferi, e dunque nell’uomo, è definita dalla presenza di cromosomi sessuali: i maschi sono portatori di una coppia eteromorfica di cromosomi (XY) e le femmine hanno due cromosomi identici (XX). Uno specifico processo biologico detto di inattivazione del cromosoma X prevede la perdita di funzione di uno dei due cromosomi delle femmine: in questo modo si bilancia la quantità dei geni ereditati, evitando la sovraespressione dei loro prodotti (proteine) e la conseguente insorgenza di anomalie genetiche come la sindrome della tripla X, nota anche come trisomia X.
Un nuovo approccio alla terapia genica per le malattie ‘genomiche’
05 Apr 2019 Scritto da Cnr-Irgb, Irccs HumanitasEliminare le numerose alterazioni genomiche attualmente incurabili trapiantando un intero cromosoma nelle cellule che presentano il difetto genetico. Questo il nuovo metodo proposto da un team di ricercatori del Cnr-Irgb e Humanitas per il contrasto alle malattie genomiche, come la Malattia granulomatosa cronica o la Distrofia di Duchenne. Il lavoro pubblicato su Stem Cells
Negli ultimi anni abbiamo assistito alla messa a punto di interessanti approcci alla terapia genica per le malattie ereditarie, basati sulla tecnologia CRISPR/Cas9 e sull’uso di speciali vettori virali che hanno semplificato notevolmente la correzione di piccole alterazioni genetiche. Purtroppo non tutte le patologie ereditarie sono curabili con queste strategie, poiché alcune di esse sono dovute ad alterazioni genomiche di grandi dimensioni come aneuploidie, duplicazioni, inversioni e altri riarrangiamenti complessi. Ricercatori dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica (Cnr-Irgb) e dell’Irccs Humanitas di Milano hanno messo a punto un nuovo metodo che potrebbe consentire di curare anche queste malattie. Lo studio è pubblicato sulla rivista Stem Cells.
Nei geni dei sardi informazioni sulla preistoria dell’Europa
25 Set 2018 Scritto da Cnr-Irgb e UnissUno studio sull’intero genoma di 3.514 individui provenienti da diverse regioni della Sardegna pubblicato su Nature Genetics conferma che i sardi, specie quelli delle regioni dell’interno, conservano meglio di qualunque altra popolazione contemporanea le caratteristiche genetiche delle popolazioni presenti nel continente Europeo >7000 anni fa. Tra le popolazioni contemporanee i sardi mostrano una maggiore somiglianza genetica con i baschi. Il DNA dei sardi è quindi una riserva di varianti genetiche antiche, attualmente molto rare altrove e fondamentali per lo studio di malattie con una base genetica
Un team di ricercatori guidati da Francesco Cucca, direttore dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) e professore di Genetica Medica dell’Università di Sassari, e da John Novembre professore presso il dipartimento di Genetica Umana della Università di Chicago, ha pubblicato uno studio in cui sono state esaminate le sequenze dell’intero genoma di 3.514 individui provenienti da diverse aree della Sardegna che fornisce nuove informazioni sull’antica storia genetica di questa popolazione e dell’intera Europa. La copertina di ottobre della rivista Nature Genetics sarà dedicata a questo lavoro, intitolato ‘Genomic history of the Sardinian population‘.
“Lo studio ha confermato un elevato grado di somiglianza genetica tra i campioni di DNA attuale e quello estratto da resti ossei provenienti da siti archeologici neolitici (tra 10.000 e 7.000 anni fa) e, in misura minore, pre-neolitici, dell’Europa continentale. E ha mostrato come queste similarità siano più marcate nelle aree storicamente più isolate dell’isola, quali l’Ogliastra e la Barbagia”, spiega Cucca. “Lo studio ha anche rivelato come i baschi siano la popolazione contemporanea con livelli più elevati di ascendenza condivisa con i Sardi. Tale similitudine, piuttosto che essere indicativa di contatti recenti tra queste popolazioni, suggerisce che entrambe si siano originate da popolazioni presenti in Europa nel Neolitico e Pre-neolitico. Studi sul DNA estratto da resti preistorici in Sardegna chiariranno il contributo relativo di queste componenti alla struttura genetica di queste popolazioni”.
Grazie alla separasi la replicazione del Dna avviene a velocità controllata
02 Feb 2018 Scritto da Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr), Università di Padova, Istituto superiore di sanità, l’Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Uno studio coordinato dall’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr e pubblicato su Nucleic Acids Research ha identificato una nuova funzione dell’enzima separasi, cioè un meccanismo molecolare che regola la velocità di replicazione del Dna, preservando la stabilità del genoma. Lo studio potrebbe contribuire alla ricerca sul cancro
Alcuni ricercatori dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) hanno individuato una nuova funzione dell’enzima separasi, essenziale nella replicazione del Dna. La precisione di questo processo è essenziale per la sopravvivenza e il funzionamento delle cellule, e per questo è soggetto a numerosi controlli che garantiscono la stabilità del genoma. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nucleic Acids Research.
“Ciò che emerge dai nostri risultati è che l’enzima separasi regola la velocità con cui il Dna è replicato. In sua assenza la forcella che si forma all’inizio del processo di replicazione, in seguito all’apertura della doppia elica del Dna, raddoppia quasi la velocità. Questo può portare a errori di replicazione e a compromettere l’integrità del genoma”, spiega Antonio Musio, ricercatore dell’Irgb-Cnr e coordinatore dello studio.
Un altro evento vitale per la cellula è la trascrizione genica, nella quale uno dei due filamenti che costituisce la doppia elica di Dna è copiato in una molecola simile, l’Rna, per mezzo di un macchinario proteico chiamato ‘complesso di trascrizione’. “In questo studio, grazie a tecniche all’avanguardia come la Next Generation Sequencing che consentono di leggere rapidamente la sequenza di genomi anche di grandi dimensioni, abbiamo osservato che la separasi si localizza vicino ai cosiddetti promotori, sequenze di Dna particolarmente importanti per la trascrizione genica. Ciò indica che la separasi potrebbe essere coinvolta anche nella regolazione della trascrizione e quindi dell’espressione dei geni”, prosegue Musio.
Indentificata la mappa genetica del girasole in simbiosi con un fungo benefico
29 Gen 2018 Scritto da Università di PisaLo studio, pubblicato su “Scientific Reports”, rivista del gruppo "Nature", è stato condotto da un team internazionale di ricercatori coordinati dall’Università di Pisa
Incontinentia pigmenti: l’ereditarietà è anche paterna
19 Ago 2017 Scritto da Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati-Traverso’ (Igb-Cnr) di Napoli, Ospedale pediatrico Bambino Gesù e Università di FerraraRicercatori dell’Istituto di genetica e biofisica del Cnr di Napoli, in collaborazione con Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e Università di Ferrara, hanno scoperto meccanismi di trasmissione della malattia genetica non solo materni: anche i padri possono trasmetterla, a causa del ‘mosaicismo’ che caratterizza il Dna di maschi affetti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Pediatrics, delinea nuove prospettive di diagnosi molecolare
Una ricerca dell’Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati-Traverso’ del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Igb-Cnr), condotta in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e con l’Università di Ferrara, ha scoperto che l’ereditarietà dell’Incontinentia pigmenti (IP; OMIM#308300) non è solo materna: le forme familiari della malattia genetica rara che colpisce le bambine possono, infatti, essere trasmesse anche dal padre. Lo studio è pubblicato sulla rivista internazionale Pediatrics. “Questa malattia è letale nei maschi: per questo si è sempre ritenuto che l’eredità fosse solo materna. Le pochissime eccezioni documentate di maschi con Incontinentia pigmenti sopravvivono perché la mutazione stabilisce nelle cellule somatiche una situazione di ‘mosaicismo’, cioè l’espressione contemporanea di diversi patrimoni genetici nello stesso individuo”, spiega Matilde Valeria Ursini dell’Igb-Cnr, coordinatrice dello studio. “In pratica, i bambini di sesso maschile non ereditano la malattia dai genitori ma la mutazione avviene nelle cellule del feto maschio. In questi pazienti la possibilità di diagnosticare la presenza delle cellule malate nel sangue periferico era fino ad oggi assai scarsa”.
Ricercatori dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia hanno fatto parte di una task force internazionale che ha studiato l’effetto dell’esposizione a basse dosi di agenti chimici ambientali nella genesi del cancro. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Carcinogenesis della Oxford University Press
Stime dell’Organizzazione mondiale dalla sanità e dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro indicano che la frazione di tumori attribuibili all’esposizione ad agenti tossici ambientali sia compresa tra il 7% e il 19%. 174 ricercatori impegnati nella ricerca sui tumori provenienti da 28 paesi, tra cui Chiara Mondello e Ivana Scovassi dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Igm-Cnr), hanno approfondito la relazione tra ambiente e cancro analizzando criticamente dati tossicologici pubblicati in letteratura. I risultati del lavoro di questo gruppo di ricercatori hanno dato origine a 12 review pubblicate dalla rivista scientifica Carcinogenesis (Oxford University Press) in un numero speciale intitolato ‘Assessing the Carcinogenic Potential of Low Dose Exposures to Chemical Mixtures in the Environment’ (disponibile al link).
Scoperta associazione tra il gene OXTR (che regola l’ossitocina) e l’amore materno
22 Mag 2014 Scritto da Ufficio Stampa Università di Milano-BicoccaUna variante del gene OXTR che attiva l’ossitocina cerebrale, l’ormone dell’amore e dell’attaccamento, sarebbe associata ad una risposta più rapida (100 millisecondi) della parte frontale del cervello alla sofferenza infantile. Lo rivela una ricerca condotta in collaborazione dall’Università di Milano-Bicocca e dall’Università di Tampere pubblicata sulla rivista Emotion.
Milano, 22 maggio 2014 – Essere genitori modifica l’effetto cerebrale alla vista, o all’udito, di bambini, specie se sofferenti, rispetto a chi non ha figli, grazie anche alla presenza di neuro-ormoni come l’ossitocina. Ma anche nelle persone senza figli esistono tratti di maggiore o minore empatia o senso di protezione nei confronti dei piccoli (istinto di conservazione della specie). Ora, una ricerca svolta in collaborazione tra l’Università di Tampere (Finlandia) e l’Università di Milano-Bicocca pubblicata sulla rivista Emotion ha scoperto che queste differenze nella popolazione possono dipendere da varianti alleliche del gene OXTR. È questo gene, infatti, a codificare i recettori (siti di comunicazione) per l’ormone ossitocina prodotta dall’ipofisi posteriore (ghiandola pituitaria).
La terapia genica si propone di curare le malattie di origine genetica intervenendo sul DNA del soggetto malato, ovvero andando a “curare” il gene o i geni coinvolti nell’insorgenza della malattia in questione. Questo approccio terapeutico può operare in modi diversi: permettendo a un gene “difettoso” di funzionare correttamente, impedendo a un gene “nocivo” di esercitare la sua funzione negativa sull’organismo o ancora inserendo nelle cellule del paziente un gene “estraneo” in grado di produrre una molecola capace di arrestare lo sviluppo della malattia. In tutti i casi, la terapia genica mira ad intervenire a monte del processo patologico. Molti sono i centri di ricerca italiani ed internazionali impegnati nella cura di diverse patologie di origine genetica e ad oggi sono altrettanto numerosi gli studi che stanno confermando la validità di questo approccio terapeutico.
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