Planned Obsolescence, from the Phoebus Cartel to Today: Can a Light Bulb Last More Than 125 Years?
Planned obsolescence is not a modern invention but a strategy with roots in the early twentieth century. Born with the goal of increasing profits, it has evolved over time, moving from mechanics to the sophisticated interaction between software and microchips, and continues to shape our relationship with consumer goods.
The dawn: the Phoebus Cartel
It all began in 1924 with the so-called Phoebus Cartel, a secret and unprecedented agreement between the giants of the incandescent light bulb industry, including General Electric, Osram, Philips, and the Compagnie des Lampes. The objective was simple and unscrupulous: to standardize the useful life of light bulbs to a maximum of 1,000 hours, even though the technology of the time made it possible to produce ones that lasted much longer. To ensure compliance with the limit, members imposed heavy fines on each other for exceeding the threshold. In essence, the cartel intentionally shortened a product's life to maximize profit.
A century later, the Centennial Light bulb in Livermore, California, lit almost continuously since 1901, remains a living testament. It has been shining for more than 219,000 hours, and although its wattage has dropped from 60 to just 4 watts, its filament continues to glow, making it a symbol of the fight against planned obsolescence.
L'obsolescenza programmata, dal Cartello Phoebus a oggi: una lampadina può durare più di 125 anni?
L'obsolescenza programmata non è un'invenzione moderna, ma una strategia che affonda le sue radici nei primi anni del Novecento. Nata con l'obiettivo di aumentare i profitti, si è evoluta nel tempo, passando dalla meccanica alla sofisticata interazione tra software e microchip, e continua a plasmare il nostro rapporto con i beni di consumo.
Archeologia 2.0: l'IA ritrova siti perduti in Iraq grazie a foto spia degli anni '60
Un'innovazione archeologica frutto di una collaborazione tra informatici e archeologi dell'Università di Bologna ha portato alla luce quattro siti antichi in Iraq, rimasti finora sconosciuti. La scoperta, pubblicata sulla rivista PLOS ONE, è stata resa possibile grazie all'uso di un sistema di intelligenza artificiale che ha analizzato vecchie immagini satellitari scattate negli anni '60.
L'IA e il tesoro dimenticato dei satelliti CORONA
Il team di ricerca ha sviluppato un modello di deep learning capace di riconoscere automaticamente i siti archeologici. Dopo averlo testato con successo su immagini recenti, il sistema è stato "addestrato" anche con foto storiche del programma segreto di spionaggio statunitense CORONA, che aveva mappato il Medio Oriente.
Come spiega Marco Roccetti, uno degli autori, "Il nostro modello ha raggiunto un'accuratezza del 90% nel localizzare siti archeologici, e ha persino scoperto nuovi punti di interesse. È un risultato straordinario che ha conseguenze importanti per la conservazione del patrimonio, specialmente in aree profondamente modificate dall'intervento umano".
Does the West love rats?
In the East, cats are kings. In the West, they are enemies.
While cats bask in the sun on the streets of Istanbul or Athens, fed and cared for by a community that considers them part of the urban landscape, their presence in our Western cities is often seen as a threat. Here, stray cats are sterilized, confined to controlled colonies, and in some cases, removed. Their crime? Being cats. Being predators.
Instead, to combat the plague of rodents, the West has a secret weapon: poison. A chemical arsenal that not only poisons rats but also owls, foxes, dogs, and domestic cats who, unaware, feed on contaminated carcasses. It’s a method that destroys the food chain, pollutes the environment, and, in the end, proves less effective than a natural predator like a cat.
It is the great contradiction of our time: we chase away natural predators, only to use poisons that destroy the ecosystem. It's as if we have declared an ideological war on cats in favor of a destructive and failing approach.
Bradisismo dei Campi Flegrei: scoperta la causa del sollevamento del suolo
Un modello concettuale del sistema della Solfatara è stato finalmente elaborato, offrendo nuove e profonde intuizioni sul bradisismo che interessa la zona dei Campi Flegrei. Una ricerca condotta da un gruppo di esperti del Cnr-Igg, dell'Ingv e della società Steam srl, i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Solid Earth, ha infatti individuato nell'acquifero intermedio il vero "motore" del fenomeno. Questo studio non solo svela l'origine del sollevamento del suolo, ma fornisce anche gli strumenti necessari per monitorarne l'evoluzione e valutare i possibili scenari futuri.
La ricerca, risultato di una pluriennale cooperazione tra l'Istituto di geoscienze e georisorse di Pisa, le sedi di Napoli e Pisa dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e la Steam srl, specializzata in tecnologie geotermiche, ha esaminato con attenzione i fluidi delle fumarole della Solfatara, combinando queste analisi con una vasta gamma di dati geoscientifici. L'indagine ha così portato alla creazione di un modello che dimostra come la crisi bradisismica sia generata dal graduale aumento di temperatura e pressione dell'acquifero intermedio, posizionato a una profondità compresa tra i 2,7 e i 4,0 chilometri.
L'Occidente ama i topi?
In Oriente, i gatti sono re. In Occidente, sono nemici.
Mentre nelle strade di Istanbul o Atene i gatti si crogiolano al sole, nutriti e accuditi da una comunità che li considera parte del paesaggio urbano, nelle nostre città occidentali la loro presenza è spesso vista come una minaccia. Qui, i gatti randagi sono sterilizzati, confinati in colonie controllate e, in alcuni casi, rimossi. Il loro crimine? Essere gatti. Essere predatori.
Invece, per combattere la piaga dei roditori, l'Occidente ha un'arma segreta: il veleno. Un arsenale chimico che avvelena non solo i topi, ma anche i gufi, le volpi, i cani e i gatti domestici che, ignari, si nutrono di carcasse contaminate. È un metodo che distrugge la catena alimentare, inquina l'ambiente e, in ultima analisi, si rivela meno efficace di un predatore naturale come un gatto.
È la grande contraddizione del nostro tempo: cacciamo via i predatori naturali, per poi usare veleni che distruggono l'ecosistema. È come se avessimo dichiarato una guerra ideologica ai gatti a favore di un approccio distruttivo e fallimentare.
Monkeypox (Mpox), an emerging pathogen and a new Sexually Transmitted
Monkeypox (mpox) has emerged as a global health threat, with a 2022 outbreak that surprised the scientific community due to its rapid spread outside of endemic African areas [1, 2]. Historically confined to specific outbreaks, the recent spread of the virus, particularly the clade II, has raised concerns regarding changes in its epidemiology and transmission routes, particularly sexual transmission. This review article examines the etiology, pathogenesis, epidemiology, and prevention strategies of the mpox virus, analyzing the impact of the cessation of smallpox vaccination and the importance of new transmission routes in the current context. Clinical challenges and future perspectives in managing this disease are also discussed.
1. Introduction
Monkeypox is a viral zoonosis caused by the Orthopoxvirus, belonging to the Poxviridae family. Although the virus was first identified in monkeys in 1958, the first human case was documented in a child in the Democratic Republic of Congo in 1970 [3]. For decades, the disease remained confined to regions of Central and West Africa, with rare outbreaks outside the continent. However, the 2022 global epidemic marked a significant deviation from this pattern, characterized by a rapid and sustained spread in non-endemic countries, highlighting its emergence as a new sexually transmitted infection.
Il Vaiolo delle Scimmie (Mpox), un patogeno emergente e una nuova infezione sessualmente trasmissibile
Il vaiolo delle scimmie (mpox) è emerso come una minaccia sanitaria globale, con un'epidemia nel 2022 che ha sorpreso la comunità scientifica per la sua rapida diffusione al di fuori delle aree endemiche africane [1, 2]. Storicamente confinata a specifici focolai, la recente diffusione del virus, in particolare del clade II, ha sollevato preoccupazioni riguardo ai cambiamenti nella sua epidemiologia e nelle vie di trasmissione, in particolare quella sessuale. Questo articolo di revisione esamina l'eziologia, la patogenesi, l'epidemiologia e le strategie di prevenzione del virus mpox, analizzando l'impatto della cessazione della vaccinazione anti-vaiolo e l'importanza delle nuove vie di trasmissione nel contesto attuale. Vengono inoltre discusse le sfide cliniche e le prospettive future nella gestione di questa malattia.
Nati per contare: il cervello e l'orientamento dei numeri
Un nuovo studio dell'Università di Padova, pubblicato sulla rivista «eLife», dimostra che la nostra tendenza a percepire i numeri in una linea spaziale che va da sinistra a destra ha radici biologiche profonde, non solo culturali. La ricerca rivela che questa associazione tra numeri e spazio è strettamente legata alla specializzazione degli emisferi cerebrali (lateralizzazione) e può essere influenzata da un fattore sorprendente: l'esposizione alla luce.
Le basi biologiche della linea numerica mentale
Secondo la credenza comune, la nostra "linea numerica mentale" – con i numeri piccoli a sinistra e quelli grandi a destra – è un'abitudine che acquisiamo leggendo e scrivendo. Tuttavia, i ricercatori padovani, guidati dalla Prof.ssa Rosa Rugani, hanno fornito una prova diretta contro questa teoria, basandosi su un esperimento sui pulcini appena nati.
Acqua dal sole: la foglia artificiale che purifica senza elettricità
L'accesso all'acqua potabile è un diritto umano fondamentale, eppure miliardi di persone nel mondo ne sono ancora prive. Le soluzioni tradizionali per la purificazione, come l'osmosi inversa o la disinfezione chimica, sono spesso energivore, costose e richiedono infrastrutture complesse, rendendole inaccessibili per le comunità rurali o inadatte in situazioni di emergenza. La ricerca scientifica si sta quindi concentrando su tecnologie innovative che siano non solo efficaci, ma anche sostenibili, economiche e decentralizzate. In questo contesto, un team di scienziati cinesi e americani ha sviluppato una soluzione tanto semplice quanto geniale, traendo ispirazione direttamente dalla natura.
La loro invenzione, descritta come una sorta di "foglia artificiale", è un dispositivo di filtrazione che non richiede elettricità e utilizza materiali a basso costo e biodegradabili. Il sistema si basa su un principio fisico fondamentale: la capillarità, lo stesso fenomeno che permette alle piante di trasportare l'acqua dalle radici alle foglie contro la forza di gravità. Il dispositivo imita la struttura interna di una foglia, con una rete di microcanali che guidano l'acqua attraverso un processo di evaporazione solare e filtrazione simultanea.
Medicina

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Paleontologia

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Astronomia e Spazio

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