Ecco perché alcuni rettili e anfibi campano cent’anni
Tritone italiano. Credit Emiliano Mori
Uno studio internazionale a cui ha partecipato l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr ha scoperto una correlazione profonda tra l’ambiente e il processo di invecchiamento di alcune specie che possono allocare maggiori quantità di energia alla sopravvivenza piuttosto che alla protezione dell’organismo, allungando la propria aspettativa di vita. La ricerca è pubblicata su Science
Il processo di invecchiamento, in alcune specie di rettili e anfibi, può dipendere direttamente dalle condizioni ambientali in cui si trovano. È quanto emerge da due studi, pubblicati sulla rivista Science e condotti da team internazionali, a cui ha partecipato l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iret).
Nel primo lavoro, il gruppo di ricerca ha eseguito un’analisi comparativa dei tassi di invecchiamento e della durata della vita nei tetrapodi a sangue freddo, utilizzando i dati disponibili in letteratura su 77 specie e 107 popolazioni selvatiche di rettili e anfibi, tra cui tartarughe, serpenti e coccodrilli. In particolare, il Cnr-Iret ha studiato una popolazione di tritone crestato che vive sui Poggi di Prata, nelle colline metallifere del Grossetano.
“Le operazioni di monitoraggio hanno coperto un arco temporale di 19 anni in cui abbiamo cercato di capire in che modo la termoregolazione, la temperatura ambientale, il corredo genetico e il ritmo di vita contribuiscano all'invecchiamento degli animali”, spiega Emiliano Mori, ricercatore del Cnr-Iret. “Abbiamo così scoperto che le specie ectoterme, in cui la temperatura corporea dipende dall'ambiente esterno, mostrano una maggiore diversità di tassi di invecchiamento rispetto a quelle endoterme, la cui temperatura corporea è invece regolata dalla produzione di calore metabolico interno. Nelle prime la longevità media stimata varia da 1 a 137 anni, nei primati questo valore è compreso tra 4 e 84 anni”.
Un sensore bioriassorbibile sottopelle per monitorare i segnali del corpo
Il dispositivo è stato sviluppato da un team di ricercatori coordinato dal professor Barillaro del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa
Un sensore più sottile di un francobollo, biocompatibile e bioriassorbibile, e impiantabile sottopelle, riuscirà a monitorare in tempo reale alcuni parametri del corpo come il pH, e l’efficacia dei farmaci somministrati, aprendo così la strada a nuove procedure cliniche e diagnostiche.
Il risultato è pubblicato nella rivista Advanced Science, e reca la firma del team di ingegneri elettronici del Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa (DII), coordinati da Giuseppe Barillaro, in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e Surflay Nanotec GmgH di Berlino.
Single brain scan can diagnose Alzheimer’s disease
A single MRI scan of the brain could be enough to diagnose Alzheimer’s disease, according to new research by Imperial College London.
The research uses machine learning technology to look at structural features within the brain, including in regions not previously associated with Alzheimer’s. The advantage of the technique is its simplicity and the fact that it can identify the disease at an early stage when it can be very difficult to diagnose.
Although there is no cure for Alzheimer’s disease, getting a diagnosis quickly at an early stage helps patients. It allows them to access help and support, get treatment to manage their symptoms and plan for the future. Being able to accurately identify patients at an early stage of the disease will also help researchers to understand the brain changes that trigger the disease, and support development and trials of new treatments.
The research is published in the Nature Portfolio Journal, Communications Medicine,andfunded through the National Institute for Health and Care Research (NIHR) Imperial Biomedical Research Centre.
Alzheimer’s disease is the most common form of dementia, affecting over half a million people in the UK. Although most people with Alzheimer’s disease develop it after the age of 65, people under this age can develop it too. The most frequent symptoms of dementia are memory loss and difficulties with thinking, problem solving and language.
Tumore al pancreas, scienziati di UniTo identificano un nuovo marcatore per indirizzare meglio le terapie
Lo studio pre-clinico pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Gut dimostra come PI3K-C2γ giochi un ruolo chiave nello sviluppo di uno dei tumori attualmente più aggressivi.
Un nuovo studio preclinico, svolto al Centro di Biotecnologie Molecolari “Guido Tarone” dell’Università di Torino, ha reso possibile la scoperta di una nuova terapia focalizzata per un sottogruppo di pazienti affetti da neoplasia maligna del pancreas. Il gruppo di ricerca guidato dalla Prof.ssa Miriam Martini e dal Prof. Emilio Hirsch ha dimostrato che la proteina PI3K-C2γ gioca un ruolo chiave nello sviluppo del tumore al pancreas. L'indagine scientifica ha permesso di far luce sui meccanismi di sviluppo di questo tumore e potrebbe consentire, in futuro, di massimizzare l’efficacia delle attuali opzioni terapeutiche di uno dei tumori attualmente più aggressivi.
Biodiversità a Roma
Biodiversità a Roma
11/06 - 25/09/2022
Musei di Villa Torlonia,
Casina delle Civette
32 fotografie di Bruno Cignini, zoologo, scrittore e divulgatore scientifico e 11 acquarelli dell’illustratrice Eva Villa.
Un inedito racconto per immagini, unico nel suo genere, alla scoperta degli animali e degli ecosistemi che contraddistinguono la città (aree protette, ville storiche, aree archeologiche, fiumi e specchi d’acqua.
In considerazione della recente introduzione della "tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi" negli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana, l’argomento è di massima attualità e di notevole importanza per i visitatori.
In particolare, sono evidenziate le numerose specie animali presenti nei principali ambienti cittadini, fornendo indicazioni sulla loro distribuzione, le loro abitudini e il loro ruolo all’interno dell’ecosistema urbano, al fine di acquisire una maggiore consapevolezza per la tutela della biodiversità e, più in generale, dell’ambiente. Inoltre, sono forniti consigli sui comportamenti corretti da tenere in caso di incontro con la fauna urbana e sul metodo per attirarla con nidi e mangiatoie.
Differenziamento dei motoneuroni: il ruolo degli RNA non codificanti
Un nuovo studio, frutto di una collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, l’Istituto italiano di tecnologia e il Cnr, rivela la sinergia tra RNA codificanti e non codificanti nel regolare la formazione dei motoneuroni e apre la strada a nuovi approcci terapeutici per la cura delle malattie neurodegenerative. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista The EMBO Journal
Il ruolo fondamentale degli RNA non codificanti – che non sono tradotti in proteine – nella regolazione dei programmi di sviluppo e funzionamento dei tessuti, in particolare del sistema nervoso, è emerso soprattutto negli ultimi anni.
Pipistrelli e media: da diffusori di coronavirus a specie da proteggere
Una ricerca promossa dalla Statale di Milano e coordinata dalla Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia ha dimostrato come la rappresentazione nei media dei pipistrelli ne abbia influenzato la loro sopravvivenza: dall’analisi di oltre 2.600 articoli dedicati a questi animali dal 2018 al 2020, i ricercatori hanno scoperto che articoli negativi hanno favorito la loro persecuzione, mentre i positivi ne hanno invece incentivato le azioni di conservazione.
Una nuova opzione terapeutica combatte efficacemente le complicanze cardiache e renali del diabete: gli effetti benefici sono diversi in base al sesso
Per la prima volta uno studio clinico coordinato dalla Sapienza rivela che l’uso quotidiano di tadalafil – un farmaco attualmente utilizzato per la disfuzione erettile – migliora la situazione cardiaca di pazienti diabetici solo di sesso maschile, mentre favorisce la funzione immunitaria e renale sia negli uomini che nelle donne. I risultati di questa ricerca sono pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine
Uomini e donne non rispondono allo stesso modo ai farmaci. Nonostante, siano ben riconosciute le differenze fra i due sessi in diverse patologie, ad esempio in quelle cardiovascolari, per anni gli studi clinici hanno trascurato questo aspetto anche in termini di progettazione degli studi stessi, coinvolgendo prevalentemente pazienti di sesso maschile.
Per la prima volta uno studio randomizzato, placebo controllato, è stato espressamente disegnato per studiare le differenze di sesso in pazienti diabetici, maschi e femmine, con cardiomiopatia diabetica, nella risposta al tadalafil, un farmaco testato inizialmente come vasodilatatori per combattere alcune patologie cardiovascolari e attualmente utilizzato per combattere la disfunzione erettile.
Accade spesso nella ricerca scientifica che un farmaco testato contro una malattia si dimostri efficace anche contro altre. È stato il caso degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5i), come Viagra e Cialis. Per questo motivo, l’indicazione dei PDE5i virò al campo andrologico, determinando la fine dell’interesse “commerciale” per la ricerca in ambito cardiovascolare.
L’enzima che elimina monossido di carbonio dall’aria, scoperto il segreto del suo funzionamento
Scoperto il meccanismo che consente agli enzimi presenti nel suolo in alcuni batteri di eliminare monossido di carbonio (CO) dall’atmosfera. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con i colleghi dell’Università della Calabria e dell’Università di Lund, in Svezia, ha consentito di comprendere nel dettaglio in che modo questi enzimi trasformino il CO in biossido di carbonio (CO2). Un risultato che apre nuove prospettive per quanto riguarda la mitigazione delle emissioni di monossido di carbonio, con effetti benefici sia sulla qualità dell’aria che sul clima dato che questo gas, altamente tossico, contribuisce ad aumentare l’effetto serra.
Le onde gravitazionali hanno “calciato” un buco nero fuori dal centro della sua galassia
Un gruppo di ricerca internazionale ha ottenuto la prima conferma con osservazioni ad alta risoluzione di un fenomeno finora solo ipotizzato nelle previsioni teoriche: le onde gravitazionali nate dalla fusione di due buchi neri hanno prodotto un “effetto rinculo” che ha spinto il nuovo buco nero supermassiccio fuori dal centro della sua galassia.
A 8 miliardi di anni luce da noi c’è un buco nero supermassiccio che si sta allontanando dal centro della sua galassia. Un comportamento del tutto insolito che ha comprensibilmente attirato l’attenzione degli studiosi, e che ha trovato ora una spiegazione accurata grazie al lavoro di un gruppo internazionale di ricerca guidato da Gianluca Castignani (Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi”, Università di Bologna e INAF - Istituto Nazionale di Astrofisica) e Takahiro Morishita (California Institute of Technology e Space Telescope Science Institute).
In due articoli pubblicati su Astronomy & Astrophysics Letters e su The Astrophysical Journal, gli studiosi riportano forti evidenze che da un lato che il buco nero supermassiccio è nato dalla fusione di due galassie e dei loro rispettivi buchi neri, e dall’altro che le onde gravitazionali generate da questo evento hanno “calciato” il nuovo buco nero spingendolo, con una sorta di “effetto rinculo”, fuori dal
centro della galassia. Questo buco nero supermassiccio, “calciato” fuori dal centro della galassia, si trova all’interno di una potente sorgente radio extra-galattica, il quasar 3C 186.
“È la prima conferma con osservazioni ad alta risoluzione di questo tipo di effetto generato dalle onde gravitazionali”, spiega Castignani. “I risultati che abbiamo ottenuto sono straordinariamente in linea con le previsioni teoriche e offrono nuovi importanti elementi per la nostra comprensione dell’evoluzione dei buchi neri supermassicci e della formazione delle strutture a grande scala nell’universo, oltre ad aprire nuove prospettive per l’utilizzo delle prossime generazioni di radiotelescopi”.
Gli eventi di fusione delle galassie sono uno dei meccanismi fondamentali che regolano la crescita delle galassie e l'evoluzione dei buchi neri supermassicci. Quando avvengono, i buchi neri al centro delle galassie si fondono, creando uno dei fenomeni più energetici possibili nell'universo: una quantità enorme di energia viene rilasciata sotto forma di onde gravitazionali, le quali sono capaci di generare delle increspature nel "tessuto" dello spaziotempo. Le previsioni teoriche mostrano che in alcuni casi particolari, a seconda dell'orientamento reciproco degli assi di rotazione dei buchi neri e del rapporto delle loro masse, la fusione di due buchi neri può produrre onde gravitazionali non isotropiche, generando un effetto di rinculo.
Grazie a questo effetto il nuovo buco nero formatosi dalla fusione dei due buchi neri di partenza può essere “calciato” fuori dal centro della galassia stessa. Fino ad oggi però non esistevano osservazioni dettagliate che potessero confermare o confutare queste previsioni. "Effettuare osservazioni ad alta risoluzione sia in ottico che in radio era fondamentale per capire se effettivamente il buco nero super massiccio di 3C186 fosse stato calciato fuori dalla galassia stessa: i nuovi studi confermano questo scenario, permettendoci di capire meglio come evolvono i buchi neri supermassicci e le loro galassie ospiti", dice Castignani. "È infatti ancora dibattuta la possibilità che due buchi neri supermassicci possano avvicinarsi ad una distanza tale da produrre onde gravitazionali tanto intense: l'alternativa è che raggiungano invece un'orbita stabile senza mai fondersi".