Musical Memories as Mood Boosters
Hearing sounds that are linked to positive experiences from the past can considerably increase well-being, reduce depressive moods and alleviate behavioral problems in people with memory loss, a study by the University of Zurich in cooperation with clinical partners has found. The work with music and memories also benefits the nursing staff and carers involved.
Memories form a large part of who we are. Sounds and music that are linked to pleasant experiences can evoke positive associations and thus lift our mood – especially for people with memory problems. These are the findings of a study by the Center for Gerontology and the University Research Priority Program “Dynamics of Healthy Aging” at the University of Zurich. Together with various clinical institutions, they investigated the potential benefits for dementia patients of an intervention using aural stimuli based on people’s personal biographies. “Listening to individually tailored sounds or music that are meaningful to them can evoke positive feelings in people with dementia,” says study leader Sandra Oppikofer. “The sounds help them connect with the people around them, take an interest in their surroundings, and enjoy positive experiences once more.”
New molecular mechanisms identified in chronic skin inflammation
Frequently occurring chronic skin inflammation like in atopic dermatitis (AD or neurodermatitis) and psoriasis have different causes such as genetic predisposition, stress or allergens. These frequently occurring skin diseases are mostly attributed by biomedical scientists to a disturbed immune system, although the noticeable thickening and flaking of the epidermis, which is the outermost layer of skin, also indicates a disruption of the epithelial cells. A team of researchers from the University Clinic for Dermatology and the Clinical Institute for Laboratory Medicine at MedUni Vienna has now been able to identify new molecular mechanisms as causes that could provide suitable starting points for new therapies.
Using patient samples and animal models, the researchers were able to show that a multifunctional protein called “p62” influences the inflammatory changes in diseased epidermis and that inhibiting p62 leads to an alleviation of chronic inflammation. Sequestosome 1 / p62 is a multifunctional protein that affects the control of signal transduction and cellular balance (“homeostasis)” explains Erwin Wagner, head of the study from the University Clinic for Dermatology and the Clinical Institute for Laboratory Medicine at MedUni Vienna.
STARDUST: un guanto intelligente per la riabilitazione neurologica del futuro
Il progetto di ricerca “STARDUST - Wearable measuring system for rehabilitation trainings in neurological diseases and traumas” (“Sistema di misuraindossabile per training riabilitativi in patologie neurologiche etraumi”) del Politecnico ha ricevuto i fondi di finanziamento del Ministero degli Affari Esteri nell’ambito del Programma Esecutivo di Cooperazione Scientifica e Tecnologica tra Italia e Giappone per gli anni 2020-2022.
Il progetto, di durata triennale, sarà coordinato dal professor Giorgio De Pasquale - responsabile dello Smart Structures and Systems Lab e docente presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale – DIMEAS del Politecnico - ed è incentrato appunto sullo sviluppo di un dispositivo indossabile in grado di rilevare i dati biomeccanici dei pazienti colpiti da traumi per mappare la loro condizione durante gli esercizi di riabilitazione neurologica, da svolgersi anche con l’ausilio della realtà virtuale immersiva.
I parametri rilevati nei pazienti possono essere utilizzati per creare una correlazione con ambienti di realtà virtuale immersivi – supportati per esempio da visori 3D – nei quali i pazienti stessi possono essere indotti a recuperare la percezione sensoriale del loro corpo e a riattivare le funzionalità motorie. Tutto questo sfruttando meccanismi neurologici ancora non del tutto noti e in corso di studio.
EVENTO DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO PER BAMBINI “WHAT’S BIOECONOMY?”
30 marzo 2021, online - Ore 10.00
L'Europa si sta muovendo per costruire un "mondo diverso" per le generazioni future, promuovendo consumi, processi produttivi e stili di vita più sostenibili, attraverso il Green Deal e le politiche settoriali ad esso collegate come, ad esempio, la Strategia per la Bioeconomia, aggiornata nel 2018. Ma per raggiungere gli ambiziosi obiettivi di sostenibilità fissati dall’Unione Europea diventa cruciale coinvolgere ed educare le nuove generazioni: è proprio per questo motivo che il progetto Biovoices ha realizzato il libro “What’s Bioeconomy?”, dedicato ai bambini tra i 5 e i 7 anni, che verrà presentato il prossimo 30 marzo 2021 (10.00 - 12.00) nel corso di un evento online che ha ottenuto il patrocinio del Parlamento Europeo.
Il libro ha lo scopo di spiegare la Bioeconomia e i prodotti Bio-based di uso quotidiano, promuovendo al contempo stili di vita e di consumo sostenibile: oltre che ai bambini, il volume si rivolge anche ai rispettivi genitori e docenti, grazie anche a percorsi formativi ad hoc forniti dal progetto Transition2Bio, che supporta Biovoices nella diffusione del libro e dei concetti della Bioeconomia.
"What's Bioeconomy?” verrà stampato in 11 lingue (tra cui inglese, italiano, portoghese, spagnolo, tedesco etc.) e verrà distribuito in scuole selezionate, librerie, musei per bambini e altri contesti istituzionali. La realizzazione del libro è stata possibile anche grazie al coinvolgimento di oltre 30 esperti – riuniti in un Comitato Scientifico – provenienti da industrie, università, centri di ricerca e associazioni da tutta Europa, che hanno fornito i contenuti tecnicoscientifici rielaborati poi da Biovoices in un linguaggio semplice, chiaro e comprensibile a bambini e adulti.
Una corona proteica per la diagnosi precoce del tumore del pancreas
Una possibilità per individuare il tumore nelle fasi iniziali potrebbe venire dalle nanotecnologie. I risultati dello studio coordinato dal Dipartimento di Medicina molecolare sono stati pubblicati sulla rivista Cancers
Si chiama “corona proteica” ed è uno strato di proteine che si forma su nanoparticelle messe in contatto con un liquido biologico. Il gruppo di ricerca coordinato da Giulio Caracciolo del Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza Università di Roma, se ne occupa da una decina d'anni e grazie a un piccolo studio pilota, pubblicato sulla rivista Cancers, ha mostrato che l'accoppiamento tra i livelli di emoglobina nel sangue e l'analisi della corona proteica che si forma per contatto tra nanoparticelle di ossido di grafene e plasma sanguigno potrebbe essere usato per la diagnosi precoce del tumore del pancreas.
“C'è grande bisogno di strumenti efficaci per la diagnosi precoce di alcuni tumori - commenta Giulio Caracciolo - e in particolare dell’adenocarcinoma del pancreas, molto difficile da individuare nelle fasi iniziali. Molti approcci si stanno concentrando sull'analisi in contemporanea di più marcatori, ma nessuno si è rivelato definitivo. Forti della nostra esperienza nell'ambito delle nanotecnologie abbiamo quindi pensato a un approccio differente basato sulla corona proteica, che permette un'analisi generale, a colpo d'occhio, di tutto il proteoma che si trova in un liquido biologico, in questo caso il plasma”.
Acqua ossigenata e succo di limone: un disinfettante contro il Coronavirus
Miscelando acqua ossigenata per uso domestico con l'acido citrico contenuto nel succo di limone si può ottenere un liquido con proprietà virucide attivo contro il coronavirus del COVID-19
L’impiego di acido citrico in formulazioni disinfettanti a base di acqua ossigenata ne esalta l’efficacia per l’inattivazione del SARS-CoV-2 presente sulle superfici. Lo studio condotto dall'Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Scitec) con l’Ospedale universitario “Luigi Sacco” di Milano è stato pubblicato su ACS Chemical Health and Safety.
La lotta alla pandemia di COVID-19 vede l’impiego di massicce quantità di soluzioni disinfettanti contenenti alcol o ingredienti a base di cloro attivo, molti studi stanno però mostrando come un uso eccessivo e non responsabile di questi prodotti possa portare alla formazione di sottoprodotti potenzialmente nocivi generati dall’interazione del principio attivo disinfettante con il materiale organico presente nell’ambiente.
“Il perossido di idrogeno acquoso al 3%, che tutti conosciamo come acqua ossigenata tra i prodotti da banco in farmacia, presenta molti meno problemi in termini di produzione di sostanze pericolose indesiderate”, afferma Matteo Guidotti, ricercatore dell'Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Scitec) e coordinatore della ricerca condotta in collaborazione con l’Ospedale Luigi Sacco di Milano e pubblicata sulla rivista statunitense ACS Chemical Health and Safety. “Un eventuale eccesso di acqua ossigenata si degrada rapidamente in acqua e ossigeno gassoso senza generare inquinanti ambientali di rilievo”. Questo principio attivo presenta però una scarsa attività virucida se usato tal quale, mentre con l’aggiunta di additivi semplici ed economici che modificano il pH della soluzione igienizzante per avere un ambiente moderatamente acido o basico è possibile ottenere una inattivazione efficace del virus SARS-CoV-2 in tempi brevi.
Fukushima, è ancora contaminato l’85% dell’Area Speciale di Decontaminazione
Fukushima, è ancora contaminato l’85% dell’Area Speciale di Decontaminazione. Greenpeace: «La tabella di marcia per lo smantellamento della centrale di Fukushima Daiichi è irrealizzabile, serve un nuovo piano»
A quasi dieci anni di distanza dall’incidente nucleare di Fukushima Daiichi, Greenpeace pubblica oggi due rapporti che evidenziano la complessa eredità del terremoto e dello tsunami dell’11 marzo 2011.
Nel primo rapporto, “Fukushima 2011-2020”, vengono descritti i livelli di radiazione nelle città di Iitate e Namie, nella prefettura di Fukushima. I risultati delle prime indagini mostrano che gli sforzi di decontaminazione sono stati limitati e che l’85% dell’Area Speciale di Decontaminazione è ancora contaminata.
Il secondo rapporto, “Decommissioning of the Fukushima Daiichi Nuclear Power Station From Plan-A to Plan-B Now, from Plan-B to Plan-C”, analizza l’attuale piano ufficiale di smantellamento in 30-40 anni. Un programma deludente e senza prospettive di successo.
Nei laghi e fiumi i pesci dimenticati
Un nuovo rapporto del WWF e di altre 15 Ong sottolinea l'importanza di ripristinare l’habitat di fiumi e laghi non solo per gli animali, ma anche per le comunità che dipendono da essi
Più di un terzo dei pesci d’acqua dolce rischiano una vera e propria estinzione di massa in tutto il mondo. A lanciare l’allarme è stato il rapporto “The World’s Forgotten Fishes”, firmato da WWF e altre 15 Ong, tra cui London Zoological Society (Zsl), Global Wildlife Conservation e The Nature Conservancy. Secondo lo studio, 80 specie si sono già estinte, di cui 16 soltanto lo scorso anno, ma questo numero è destinato a salire.
Un terzo delle specie a rischio
Il rischio è che nel giro di 15 anni spariranno ben un terzo delle specie, cioè circa 6mila. Si legge nel rapporto che negli ultimi 50 anni, la popolazione di pesci migratori è diminuita del 76%, mentre quella dei grandi pesci, con peso superiore ai 30 chili, è calata del 94 per cento.
Lo studio cita tra le principali cause di questa drastica diminuzione il cambiamento climatico ma aggiunge anche altri problemi, come l’inquinamento, la pesca eccessiva e poco sostenibile e l’introduzione artificiale di specie non native. Come spiega Bbc bisogna anche considerare che milioni di persone si affidano ai pesci d'acqua dolce sia come fonte di sostentamento, sia come fonte di reddito attraverso la pesca e il commercio di pesci per acquari. Il rapporto, tra le cause, menziona anche il fatto che la maggior parte dei fiumi del pianeta è parzialmente sbarrato da dighe o soggetto a impianti utilizzati per distribuire l’acqua per uso irriguo.
Pazienti SLA: accumulo di ferro nel cervello
Scoperto un accumulo di ferro nella corteccia motoria dei pazienti affetti da SLA: come la Risonanza Magnetica Nucleare può dimostrarlo e fornire un biomarcatore utile alla diagnosi precoce della malattia.
Fino a non molti anni fa la diagnosi di SLA era affidata a superspecialisti della malattia, spesso escludendo altre patologie degenerative del sistema nervoso, non esistendo analisi specifiche per essa. Oggi, con i progressi della ricerca biomedica, le cose stanno fortunatamente cambiando. La definizione di biomarcatori utili alla diagnosi della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) rappresenta del resto un obbiettivo determinante per formulare una precoce e sicura diagnosi ed avviare al più presto il paziente alla terapia più corretta e personalizzata. Con un contributo collaborativo del Policlinico di Milano, IRCCS Istituto Auxologico Italiano ed Università degli Studi di Milano ora siamo più vicini all’obbiettivo.
La suscettibilità magnetica della corteccia motoria frontale dei pazienti affetti da SLA può essere misurata automaticamente e risulta alterata e correlabile con la sofferenza del I° motoneurone, uno dei due elementi responsabili della SLA accanto alla degenerazione del II° motoneurone.
“Il contributo di un gruppo di lavoro che si è affiatato negli anni – afferma il prof. Vincenzo Silani, professore ordinario di neurologia dell’Università di Milano e primario di neurologia dell’Auxologico – oggi si realizza con un prestigioso lavoro pubblicato dall’European Radiology che trova in un ricercatore molto valido del Policlinico di Milano, il dott. Giorgio Conte, il primo autore. La SLA polarizza la nostra attenzione da anni e la ricerca di biomarcatori è stata spasmodica: la possibilità di eseguire oggi una Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) ed avere una informazione così rilevante accende la possibilità di una diagnosi precoce nonché la conferma mdiagnostica con un biomarcatore neuroradiologico alla portata di tutti”. “Negli ultimi anni abbiamo focalizzato la nostra attenzione sull’accumulo di ferro nella corteccia motoria dei Pazienti affetti da SLA – conferma il dott. Giorgio Conte - Questo fenomeno può essere studiato mediante tecniche avanzate di RMN, in particolare lo studio quantitativo della suscettibilità magnetica.
Differenze di genere in matematica? Questione di età e di...geografia
Uno studio congiunto delle Università di Padova e di Genova, recentemente pubblicato sulla rivista Intelligence, ha esaminato 13 milioni di prove Invalsi per valutare le differenze in matematica fra ragazze e ragazzi nelle scuole del Nord e Sud Italia.
Nell’immaginario comune, il Pitagora del futuro non è una ragazza e non proviene dal Sud Italia: nella corsa a chi arriva primo in matematica tra gli studenti, i cliché vogliono che siano i ragazzi a vincere, e di solito provenienti dalle zone ricche del nord Italia. Questa considerazione si basa sull’osservazione che le differenze fra maschi e femmine sono enfatizzate nelle zone meno ricche e progredite.
Ma è effettivamente così? Quali sono i fattori che determinano il minore interesse delle ragazze nelle cosiddette materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica)? Quanto influiscono gli aspetti geografici, sociali, culturali ed economici nel gender gap in matematica?
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